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mercoledì 30 marzo 2011

Un tunnel senza via d’uscita!

  La situazione politica ed economica, oltre che sociale che stiamo vivendo mi sembra un tunnel senza via d’uscita, dove è impossibile intravedere  una luce.
 In questi giorni di guerra il cielo della Sicilia è incessantemente attraversato da razzi le cui scie di nuvole bianche si incrociano e la paura  ti assale.  La minaccia che arriva dal nostro bellissimo cielo azzurro   incombe su tutti noi,ancor  prima di   raggiungere il popolo Libico.
Se accendi la TV la prima immagine disperante che ti si para davanti agli occhi è quella di un esercito di uomini disperati che sono approdati sulle nostre coste in cerca di pace e di vita migliore e, questo, naturalmente non fa che aumentare l’angoscia e ancora di più nel vedere come la politica, tutta la politica non vuole e non sa risolvere questo drammatico problema.
Non certo migliore appare la sorte dei cittadini di Lampedusa che in così poco tempo hanno visto sconvolta la propria vita ed invaso il proprio territorio, senza che nessuno abbia provato a porvi rimedio o a dare gli aiuti necessari.
Se guardi a quello che è avvenuto in Giappone con tutto il suo carico di vittime e devastazioni   l’angoscia  aumenta. Aumenta perché il disastro immane ci pone davanti ad interrogativi senza risposte certe. Che ne sarà di noi popoli del pianeta, quali conseguenze sul piano della nostra salute ci saranno?
E’ certo che le notizie contrastanti non aiutano certo a placare le nostre angosce, ma semmai contribuiscono ad aumentarle.
Assistiamo ogni giorno alla perdite di migliaia di posti di lavoro senza che nessuno si preoccupi di come affrontare e risolvere questa emergenza  e così centinaia di migliaia di famiglie rimangono in mezzo ad una strada, senza prospettive per il futuro.
La scuola pubblica è stata devastata, la giustizia scardinata, il lavoro professionale degradato, la corruzione dilagante, l’etica pubblica devastata, i rapporti umani degradati, la dignità delle donne calpestata, la libertà delle stesse messa a dura prova  e molto altro ancora …
Di fronte a questi drammi   avremmo avuto bisogno di un governo e di un parlamento responsabili e capaci di gestire al meglio questa crisi senza precedenti, o quantomeno, nell’incapacità di gestire una situazione così complessa, di passare la mano. Invece no, pur di rimanere in sella si è arrivati all’acquisto di quelli che avrebbero dovuto rappresentare il popolo, con una sfacciataggine e una protervia tale da lasciarci nauseabondi.
In presenza di uno scenario così devastante ci ritroviamo con un presidente del consiglio che continua a pensare ai fatti suoi e molto intento a sfasciare quel che resta della giustizia per salvare la sua persona, con un ministro degli esteri che è una caricatura, ogni giorno sbeffeggiato dai leader internazionali, con un ministro dell’interno anch’esso una caricatura, dedito solo a creare confusione ed a fare propaganda  pensando solo al proprio tornaconto personale, per non parlare degli altri ministri  e soprattutto dell’ultimo indagato per associazione mafiosa. Davvero un bel quadro completato da un’opposizione, si fa per dire, assolutamente incapace di esercitare il proprio ruolo, abbarbicata  com’è al mantenimento della propria fetta di torta. A volere guardare questo quadro viene spontaneo domandarsi se è solo incapacità o se invece dietro c’è un disegno preciso. Quel che è certo è che l’Italia è stata appena inserita tra i cinque Paesi più inaffidabili, insieme a Ruanda  e ad altri tre paesi dell’est europeo.  E  come se non bastasse adesso si sta pure tentando, ancora una volta di mettere il bavaglio all’informazione !
Speriamo che il buon Zavoli non ceda a questa ennesima porcata!
Nessuno si pone, quindi, il problema di come uscire da questa crisi devastante.
Eppure sarebbe necessario ed urgente farlo.
Di fronte ad un quadro politico generale di questo tipo, sarebbe necessario che  fossero i cittadini a prendere coscienza e ad organizzarsi. Purtroppo vedo   tanta frammentazione e tanta disorganizzazione tra i vari movimenti e le varie realtà associative, ognuna più propensa a conquistare un proprio spazio, piuttosto che a cercare di lavorare uniti per trovare la strada che ci possa portare a risolvere i gravi problemi che abbiamo davanti. Come fare per uscire da questo stato?
Non credo ci siano ricette, ma penso comunque che si potrà uscirne solo se si ha o si acquisisce la consapevolezza  della drammaticità della situazione in atto, che ci impone di andare oltre la ricerca dello spazio personale per conquistare un posto al sole. Temo che se non lo capiremo in fretta saranno i popoli  a sud dell’Europa che stanno approdando sulle nostre coste a fare la rivoluzione che noi non siamo stati , né siamo in grado di fare.

lunedì 28 marzo 2011

Studenti fanno irruzione alla Borsa di Milano

A proposito di donne e doppia preferenza di genere.

La democrazia ha bisogno delle donne, su questo non c'è dubbio, così come non c'è dubbio che fino ad oggi alla maggior parte delle donne è stata preclusa ogni possibilità di accesso ai posti di comando. Naturalmente sto parlando delle donne... donne,  mentre mi risulta che di ometti nei posti di comando, dappertutto se ne incontrano a iosa. Io l'altra sera all'ARS in occasione della discussione sulla legge elettorale ne ho incontrato 87, tra chi se l'è data a gambe e chi ha resistito fino alla fine.
Oggi siamo governati da questi ometti che hanno una paura terribile delle donne, hanno paura   delle donne più brave di loro perchè temono che possono soffiargli lo scranno, dove sono incollati per fare bivacco. Chiunque ha potuto assistere, per quel poco che ci è stato concesso, al dibattito in aula non ha potuto che provare sconcerto.
Io penso però che è sbagliato dire affidiamo la Sicilia alle donne e loro ci toglieranno dai guai dove ci siamo cacciati, perchè per cercare di uscire da questa situazione dovremmo cercare di farlo insieme. Dovremmo imparare a condividere anche il potere con l'altra metà del cielo, che è appunto l'altra metà ed ha gli stessi diritti dei maschietti pigliatutto.
Oltre a questo, io vorrei che si riflettesse più sulle persone e sulla caratteristiche delle persone, sulle competenze e sulle reali capacità. Se è vero che le idee camminano sulle gambe degli uomini è anche vero che se non ci sono idee quelle gambe non trasporteranno nulla se non la sola persona che se ne serve. E allora per favore, non diciamo che vogliamo le imprenditrici che sono brave. Certo sapranno fare bene il loro mestiere, non lo metto in dubbio, così come un bravo professore o un bravo professionista, ma governare è un'altra storia, presuppone altro e molto di più e poi ricordiamoci che quando si sceglie chi governare e si da un incarico politico, per quel famoso conflitto d'interesse di cui molti si sono dimenticati, bisogna evitare come la peste che potere economico ed imprenditoriale  si saldino con il potere politico. Di guai ne abbiamo già abbastanza e questo ci dovrebbe indurre alla prudenza prima di farne altri.
Nella Toscano

domenica 27 marzo 2011

Odio gli indifferenti.

… “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”…Antonio Gramsci, febbraio 1917.

giovedì 24 marzo 2011

COMUNICATO STAMPA


            (ovvero Cronaca di uno spettacolo indecoroso e di una sconfitta annunciata)
Ieri le donne dell’Associazionismo, dei movimenti, semplici cittadine e dei partiti hanno voluto assistere al dibattito all’ARS sulla legge elettorale  che prevedeva anche la votazione dell’importante emendamento sulla “ doppia preferenza di genere”  a firma delle parlamentari Giulia Adamo, Marianna Caronia e Maria Concetta Raia.
Alle donne però l’aula è stata preclusa per la maggior parte dei lavori e le stesse per potere infine rientrare, dopo un’attesa di più di tre ore, hanno dovuto bussare alla porta in maniera veemente.
Il dibattito a cui si è potuto assistere è stato davvero surreale, in un’aula composta dalla quasi totalità di soli uomini e con le sole tre donne che hanno sottoscritto l’emendamento, che  hanno dato battaglia perchè l'emendamento venisse approvato e che venisse approvato con voto palese.
La cosa più grave è stata la richiesta del voto segreto per la votazione dell’emendamento sulla doppia preferenza di genere, chiesta dall’On.le Greco e sostenuta ipocritamente da altri nove parlamentari, che così facendo hanno creduto di avere conservato il sostegno delle donne.
E così i favorevoli all’emendamento sono stati solo 29, i contrari 38,  22 gli astenuti e due assenti, di cui uno per motivi giustificabili e Davide Faraone, la cui assenza non può in alcun  modo passare sotto silenzio, e  di conseguenza  l’emendamento è stato bocciato!
  Le donne presenti in aula, tra cui amministratori, militanti, sindacalisti, rappresentanti del mondo dell’associazionismo e del sindacato, semplici casalinghe, hanno fortemente manifestato la loro disapprovazione verso un Parlamento regionale che continua a reiterare i propri comportamenti ma – schilisti, ipocriti, e profondamente ostili alle donne e con ciò dimostrando di avere paura delle donne.
 La battaglia proseguirà, anzi è appena iniziata!
 Le donne da subito daranno ancora più battaglia per favorire la presenza di più donne nelle istituzioni!
 Ci stiamo, infatti, organizzando per sottoporre a referendum confermativo la legge elettorale che verrà fuori dal Parlamento per dire ai siciliani e alle donne in particolare di non confermare questa legge e rimandare tutto in aula.
Le donne all’unisono chiedono di sapere i nomi dei parlamentari responsabili di questo gesto vile, ipocrita ed indecoroso.
Arch. Sebastiana (Nella) Toscano
Referente Della “Rete Delle Donne Siciliane Per La Rivoluzione Gentile”
                          Comitato spontaneo per la “preferenza di genere”

domenica 20 marzo 2011

La risoluzione dell’Onu contro il regime libico

La risoluzione dell’Onu contro il regime libico
Il palazzo dell'Onu
No fly zone. Protezione dei civili, da subito, a Bengasi. Divieto di voli commerciali da e per la Libia. Rafforzamento dell’embargo d’armi. Sono questi gli elementi chiave contenuti nella risoluzione 1973 dell’Onu contro il regime di Gheddafi. Risoluzione che esclude esplicitamente una ”forza occupante” in Libia. Il testo chiede un immediato ”cessate-il-fuoco e la fine completa delle ostilità”.

No fly zone – La risoluzione vieta ”tutti i voli nello spazio aereo (…) con l’obiettivo di proteggere i civili”. Il divieto non si applica ”ai voli il cui unico obiettivo è umanitario”. Gli Stati, che ”potranno agire a livello nazionali o tramite organizzazioni regionali”, vengono autorizzati a mettere in atto la no fly zone. Le operazioni dei jet militari andranno intraprese ”dopo aver notificato la decisione al segretario generale (dell’Onu) e al segretario generale della Lega Araba”.

Protezione dei civili, ma no a “forza occupante” – Il testo autorizza l’uso di ”tutte le misure necessarie” per ”proteggere i civili e le aree civili popolate sotto minaccia di attacco in Libia, compresa Bengasi”, citata esplicitamente per permettere un intervento prima dell’arrivo delle forze di Muammar Gheddafi. Il Palazzo di Vetro dovrà essere ”informato immediatamente delle misure intraprese dagli Stati” a questo scopo. In questo passaggio un inciso esclude “una forza occupante” nel Paese africano.

Rafforzamento embargo e sanzioni – La bozza impone misure ancora più dure per fermare le armi che arrivano ai soldati di Gheddafi e ”al personale mercenario armato”, autorizzando ispezioni in ”porti e aeroporti, in alto mare, su navi e aerei”. Riguardo le sanzioni contro il regime, ci sono nuovi nomi rispetto a quelli contenuti nella precedente risoluzione 1970, approvata qualche giorno prima. In particolare, vengono inseriti l’ambasciatore della Libia in Ciad e il governato di Ghat (nella Libia del Sud), perché ”coinvolti nel reclutamento dei mercenari” da altri Paesi dell’Africa.

Banche bloccate e stop ai voli commerciali - Vengono bloccate una serie di entità finanziare libiche quali la Central Bank of Libya, la Libyan Investment Authority, la Libyan Foreign Bank, oltre che la Libyan National Oil Company. Tutti i voli di tipo commerciale da e per la Libia vengono vietati, esattamente come quelli militari, per fermare l’afflusso di denaro nelle casse del Colonnello o l’arrivo di nuovi mercenari.

domenica 13 marzo 2011

CHIAMAMI ANCORA AMORE - L'ULTIMO RAIS F9 576p PAL

Palermo 12-3-2011 manifestazione in difesa della costituzione

Palermo si è svegliata, possiamo cominciare a sperare che cambiare si può!


 
 Quando ho saputo che il comitato a difesa della Costituzione in Italia  stava organizzando una manifestazione nazionale a difesa della Costituzione ho subito pensato alla necessità di fare la stessa cosa anche a Palermo.
Non ho certo riflettuto su eventuali ostacoli che avrei potuto trovare e nemmeno sulla mancanza di mezzi per realizzare una manifestazione di questa portata e così con l’incoscienza propria delle donne (almeno così qualcuno ha detto tempo fa) non ho pensato a niente ed ho cominciato a lavorare subito. Ho creato il gruppo su fb e quando ho visto le adesioni che andavano crescendo ed il sostegno che mi arrivava da più parti non ho esitato un attimo a  proseguire nell’organizzazione.
Un’organizzazione semplice, fatta con pochi spiccioli e con il tanto impegno, soprattutto delle donne: donne e uomini della Rete Siciliana per La rivoluzione Gentile, donne di Se non Ora quando? Donne precarie della scuola. Abbiamo unito le nostre forze ed abbiamo affrontato la sfida e così armate di megafono, perché non potevamo certo permetterci un microfono, siamo scese in Piazza senza avere la benché minima idea di quante persone avrebbero partecipato. Alla questura avevo dato un numero a caso, molto, ma molto inferiore a quello che poi si è materializzato nella realtà.
Sono arrivata in Piazza assieme agli altri organizzatori alle 16,00 in punto per organizzarci e quando sono arrivata ho trovato già persone  ad aspettarci  e poi piano, piano abbiamo visto che la piazza si andava riempiendo fino a riempirsi completamente.
In migliaia stavano rispondendo al nostro appello per difendere la Costituzione e la Scuola Pubblica!
E’ stata un’emozione grandissima, non riuscivo a credere di essere riuscita con le mie sole forze, con le forze della neonata Rete delle donne  e con l’aiuto del Popolo Viola Sicilia e delle altre realtà citate innanzi a risvegliare Palermo dal suo torpore. Palermo è tornata in Piazza per difendere la nostra Costituzione, la carta della nostra libertà, dei nostri diritti e noi siamo orgogliosi di avere contribuito a questo importante risveglio!
Alla manifestazione ha fatto pervenire la propria adesione l’IVD per il tramite del Suo portavoce regionale, mentre gli altri partiti  CGIL ed il Pd non hanno ritenuto di darci la loro adesione, che pare abbiano poi diramato per altre Vie!
Una manifestazione trasversale, senza bandiere,  che ha voluto rendere protagoniste le persone. Per la prima volta niente palchi, ma un’ampio cerchio attorno alla nostra bandiera Italiana, la sola ammessa, dove ci siamo raccolti per lasciare un nostro messaggio e per parlare  e leggere la nostra Costituzione. Ogni cittadino/a ha  letto e spiegato un articolo della Costituzione che riteneva più vicino al suo sentire. Tutti insieme abbiamo cantato le canzoni partigiane!!!
E’ stato davvero bello vedere come  piano, piano ognuno, incoraggiato da noi prendeva, la parola per gridare la propria rabbia verso questo governo e questa maggioranza : i precari della scuola, i ricercatori precari  tornati dall’estero nella propria terra e messi in ginocchio dalla politica scellerata di questo governo; i lavoratori delle energie rinnovabili che stanno rimanendo senza lavoro perché questo governo ha annullato gli incentivi promessi, lasciando sul lastrico imprese e lavoratori; i lavoratori della giustizia che questo governo sta mettendo in ginocchio e  poi il Partigiano Placido Follari, che dall’alto dei suoi anni riesce ancora a difendere la nostra Costituzione con forza!
Insomma siamo riusciti a dare voce ai cittadini e questo mi sembra davvero un risultato straordinario, quasi rivoluzionario.
E’ cominciata la rivoluzione? Io penso di si, certamente gentile, ma soprattutto determinata!!!
Riempire una piazza con oltre 4000 persone è di per se rivoluzionario, di questi tempi poi ed a Palermo soprattutto, così come lo è dare voce ai cittadini ormai privi di qualsiasi punto di riferimento e di incontro e penso che in qualsiasi Paese, qualsiasi partito e qualsiasi giornalista avrebbe dovuto dare le notizie per quelle che sono e riconoscere il lavoro di chi senza niente in mano, partendo da zero è riuscita in questo miracolo. Invece stiamo assistendo al solito balletto di chi sta cercando di metterci il cappello. Cosa assai triste, ma che sicuramente non cambierà il corso della Storia.
Un’altra Italia è possibile, un’altra politica è possibile e la Rete delle Donne per la Rivoluzione Gentile continuerà a fare la sua parte perché ciò si realizzi!
Grazie a tutti/e quelli che ci hanno dato una mano per la buona riuscita di questa straordinaria manifestazione!
Nella Toscano
responsabile regionale della Rete

lunedì 7 marzo 2011

A difesa della Costituzione e della scuola pubblica - se non ora quando?


  

Ora
sabato 12 marzo · 16.30 - 19.30

Luogo
Manifestazione a Palermo - Piazza Verdi

Creato da

Maggiori informazioni
Facciamo anche a Palermo in contemporanea con quella di Roma la manifestazione in difesa della nostra Costituzione e della scuola pubblica, che questa maggioranza ormai sta distruggendo giorno dopo giorno. Non possiamo permettere che la nostra Costituzione venga stracciata, così come non possiamo permettere che la scuola pubblica, baluardo di democrazia, venga scardinata!!!
E' ora di dire basta a questo scempio!!!!!


http://www.facebook.com/event.php?eid=167495109969159

Leggendo fra le righe – La riforma della giustizia – di Patrizio Parri

Leggendo fra le righe – La riforma della giustizia – di Patrizio Parri

giovedì 3 marzo 2011

La Riforma Elettorale in Sicilia

Per ben due volte è stata inoltrata ai gruppi Parlamentarii dell'Ars, al presidente della Regione al Pres. dell'Ars ed alle deputate per un'incontro per discutere insieme la riforma elettorale con l'esplicita richiesta della doppia preferenza di genere e non solo.
Ebbene ad oggi nessuna risposta!
Prendiamo atto che le riforme sono solo un affare di questi politici che disdegnano di coinvolgere i cittadini nelle scelte, che dovrebbero, invece, riguardare tutti!
Ancora una volta il palazzo si autoisola, segnando una distanza incolmabile tra società civile e politica!
Fa specie che neanche la stampa e tanto meno le amiche giornaliste, a cui è pervenuto per ben due volte il comunicato stampa della Rete delle Donne Siciliane per la Rivoluzione Gentile" hanno avuto la sensibilità di portare a conoscenza di chi ignora la nostra motivata e fondamentale richiesta!
Nella Toscano
Referente Reg.le

mercoledì 2 marzo 2011

L'agorà araba

 L'ANALISI
 di BARBARA SPINELLI Strane e nuove cose stanno accadendo nei paesi arabi. Strane e nuove anche per quel che dicono di noi, democrazie assestate ma incapaci di ricordare come nacquero, di chiedersi se ancora sono all'altezza delle promesse d'origine. Tutti i paesi europei sono sconvolti dai turbini nordafricani, ma è in Italia che lo sgomento s'accoppia a quest'inettitudine, radicale, di interrogare se stessi. È come se ci fossimo abituati, lungo gli anni, a pensare la democrazia in maniera monistica: come se il dominio, anche da noi, fosse di uno solo. Come se una fosse la fonte della sovranità: il popolo elettore. Una la legge: quella del capo. Una l'opinione, anche quando essa coincide con il parere di una parte soltanto (la maggioranza) della collettività. Monismo e pensiero unico cadono a pezzi oltre il Mediterraneo, ma da noi hanno messo radici e vantano trionfi.

Tocqueville spiega bene, nei libri sulla Rivoluzione francese, le insidie delle prese della Bastiglia. Il Re fu sostituito da un potere solitario, illimitato, più efficace della Corona. Quello del Popolo, uno e indivisibile. Un solo valore venne eretto a valore supremo, non negoziabile: quello della Ragione. L'Uno è il fulcro del pensiero monistico, e surrettiziamente ci addestra a pensare contro la democrazia. Fino a due non riusciamo a contare. La stabilità è l'idolo cui sacrifichiamo le primordiali aspirazioni democratiche. Forse è il motivo per cui i governanti europei, e gli italiani in sommo grado, faticano a capire i paesi arabi o l'Iran. Stentano a osservarli,
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a parlarne: non ne hanno il vocabolario, pur essendo i padri dei dizionari democratici disseppelliti oltre il Mediterraneo anche per noi.

Cantileniamo il ritornello della primavera dei popoli, e non sappiamo più quel che accade, quando un popolo s'appropria del proprio destino. Quel che urge costruire, una volta distrutto il trono. Eppure basta guardare: non si riducono a questo, per ora, le rivoluzioni arabe. Non è un Popolo che si solleva, monolitico grumo di passioni che conquista il potere. Quel che vediamo sono le molteplici aspirazioni, il proliferare e differenziarsi di progetti, il bisogno  - inaugurale in democrazia -  di un regime regolato in modo da favorire tale differenziazione. Non il dominio del popolo è la meta ma la possibilità della disputa, la concordia nutrita di discordia.

Due sono le caratteristiche delle rivoluzioni arabe, che possono finir male o bene ma sono comunque esperienze della democrazia ai suoi albori. In primo luogo la scoperta dell'altro, del diverso, non più sotto forma del nemico che si odia o cui ci si assoggetta: dunque la scoperta di sé, di quel che io posso fare per sortire dal marasma. È significativo che la prima scintilla delle rivolte sia stata il suicidio del tunisino Mohamed Bouazizi, giovane venditore ambulante, il 4 gennaio. Il gesto ha annullato d'un colpo anni di suicidi-omicidi terroristi, e per la prima volta l'arabo insorge cominciando da sé. La seconda caratteristica è la scoperta di quanto sia prezioso, perché ci sia democrazia, lo spazio pubblico dove le varie idee s'incrociano, s'oppongono, sfociano in delibera. Nella Grecia antica si chiamava agorà: la piazza dove i privati s'incontrano, diventano cittadini che accudiscono la cosa pubblica oltre che la propria famiglia. Dove democraticamente decidono. Si decide votando a maggioranza, ma l'esistenza dell'agorà è il preambolo che dà spazio, dignità, legittimità al diverso.

Chi ha seguito su internet i tumulti arabi avrà visto le discussioni sterminate attorno a ogni articolo, appello. In assenza di un'agorà ufficiale (di una res publica), gli arabi scelgono internet e cellulari per parlarsi l'un l'altro come mai prima d'ora, per manifestare contro gli autocrati da cui erano manipolati, non governati. Il primo atto della democrazia è uscire di casa, contrariamente a quel che dice Berlusconi secondo cui la famiglia privata ti insegna tutto, e fuori s'aggirano scuri professori della scuola di Stato che inculcano nozioni devianti. Ha scritto Robert Malley sul Washington Post che Al-Jazeera è divenuta un attore politico di primo piano "perché riflette e articola il sentimento popolare. È diventata il nuovo Nasser. Il leader del mondo arabo è una rete televisiva".

Ma internet e Tv sono gli strumenti, non la stoffa delle democrazie nascenti. Altrimenti potremmo dire che anche da noi le Tv commerciali sono state levatrici di democrazia. Quel che le reti sociali arabe suscitano è la pluralità di opinioni e notizie, non l'emergere dell'etere privatizzato italiano; non la Tv a circuito chiuso di Milano 2 che s'estende alla nazione ed è emblema del quartiere sbarrato che gli americani chiamano gated community. Al-Jazeera e social network arabi abbattono i recinti, aprono finestre. Le aprono a quel che le nostre democrazie inventarono, quando nacquero anch'esse nel tumulto: la pluralità di idee, la separazione dei poteri, la convinzione che il potere tende a estendersi, se altri poteri non lo fermano e controbilanciano. Le apre infine alla laicità, tappa essenziale delle democrazie d'occidente. Naturalmente è possibile che i Fratelli musulmani, più organizzati dei manifestanti, abbiano il sopravvento. Ma gli ingredienti iniziali delle rivolte non sono in genere confessionali. Può darsi che le cerchie autocratiche si limitino a spostar pedine. Ma gli insorgenti, come si vede in Tunisia, sgamano presto e non tollerano gattopardi che fingono cambiamenti. Un esempio significativo è il documento pubblicato il 24 gennaio sul sito del giornale Yawm al-Sâbì ("Il settimo giorno"): un manifesto in 22 punti in cui si chiede la separazione tra religione e Stato, la dignità delle donne, il diritto di ogni cittadino (comprese donne, cristiani) di accedere alle massime cariche, tra cui la Presidenza. Il documento è firmato da una ventina di teologi e imam egiziani, ed è stato ripreso prima da Asia News e poi da più di 12.400 siti arabi. Ne parla da giorni Samir Khalil Samir, gesuita egiziano e professore in Libano e al Pontificio Istituto Orientale di Roma. Secondo Samir, i firmatari del proclama non sono soli: "Questo desiderio di operare una distinzione tra religione e Stato è un sentimento comune. La religione è una cosa buona in sé e non vogliamo ostacolarla, purché rimanga nel suo ambito, come una cosa piuttosto privata, che non entra nelle leggi dello Stato. Invece i diritti umani, questi sì! (...) E se la legge religiosa va contro i diritti umani, allora preferiamo i diritti umani anziché la sharia" (www. zenit. org). In Italia parole simili sono eresia, perché tutt'altro è lo spettacolo cui assistiamo: una regressione della laicità, della separazione dei poteri, della democrazia. Non stupisce che Berlusconi abbia difeso in principio i dittatori, temendo di disturbarli: non è la storia araba, ma la storia delle nostre democrazie che non arriva a interiorizzare. Metà del mondo entra in contatto con la democrazia, con le tesi di Montesquieu sul potere frenato da altri poteri, ma lui è fermo, a presidio dell'Uno e l'Indivisibile, in polemica costante con ogni potere di controllo (magistratura, Consulta, Quirinale). Mai come in queste settimane il suo esperimento è apparso superato: espressione di una democrazia impigrita, chiusa. Anche la sua idea di televisione non è agorà, inclusione del diverso. È un'opinione sola che grida dallo schermo della "scatola tonta" e ha l'impudicizia di presentarsi come Radio Londra armata contro tiranni. Non siamo certo gli unici ad arrancare dietro la primavera araba senza sapere perché arranchiamo: dimentichi dei patti coi tiranni, dei profughi respinti ai nostri confini e consegnati ai campi di concentramento libici, dell'Arabia tramutata in terra d'affari. Il ministro degli Esteri francese Michéle Alliot-Marie ha reagito all'inizio come Frattini, Berlusconi. Ma in Francia son bastati due mesi, e domenica il ministro ha dovuto dimettersi, spinto dal suo stesso partito.

Il discorso sui valori, caro al Premier quando inveisce contro la scuola pubblica, o contro l'adozione da parte di single o gay, o contro il diritto del morente a decidere se farsi o non farsi tenere in vita, è frutto di questo monismo non democratico. È una visione gradita alla Chiesa, che può ottenere potere (non in omaggio ai Vangeli ma a una sacralizzazione della stabilità degna del Grande Inquisitore) spartendolo alla maniera dell'Islam radicale: agli imam le moschee, i soldi, la signoria sulle anime; agli autocrati l'imperio politico inconfutato. L'orizzonte è quello dell'agorà negata: che trasforma l'inquilino della comunità protetta non in cittadino, ma in consumatore appeso alla scatola tonta, incapace di uscire e scoprire la Città. (02 marzo 2011)