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giovedì 30 giugno 2011

Accordo unitario, un bel Porcellum confederale

di Luca Telese
30 giugno 2011

È nato un porcellino confederale, anzi, un sindacal-porcellum. Ed è vero che il porcellum non è solo una legge elettorale, ma un sistema di pensiero: un cancro che si è impossessato dell’Italia, una ideologia che seduce le classi dirigenti di destra e sinistra nei tempi di crisi, una scorciatoia per eliminare quel fastidioso problema chiamato democrazia.

È in arrivo la bufera delle Finanziarie tagliatutto? Va deciso se sottoscrivere o meno accordi infami? Il governo ti punta la pistola alla tempia? La risposta dei dinosauri del sindacalismo corporativo e para-aziendale è semplice (e a suo modo persino geniale): inventiamoci un trucchetto per cui, se siamo d’accordo tra di noi, la gente non possa più votare contro di noi. Facciamo un accordicchio per cui, se si mette insieme il 50% dei dirigenti dei sindacati su un contratto, poi si impedisce per legge ai lavoratori di esprimersi per dire cosa pensino di quell’accordo. Incredibile ma vero, è questo il meraviglioso patto firmato fra Confindustria Cgil-Cisl e Uil. Malgrado molti giornali ne occultino il senso, il compromesso che in queste ore è definito “una rivoluzione” è tutto qui.

Anzi, c’è di peggio. Una volta che i sindacati non più sottoposti a nessuna verifica hanno firmato un accordo contro il tuo volere, tu – il lavoratore – non puoi più scioperare. Per definire questo pastrocchio si sono inventati un bellissimo eufemismo: “Clausola di tregua”. Esempio: la tua impresa propone un contratto osceno, ti chiedono di lavorare tutti i giorni, anche se sei malato, pena la decurtazione del salario (non è fantascienza, in alcuni accordi è già così). Tu sei contrario. il 51% della burocrazia sindacale invece è favorevole, e ti spiega: è il miglior contratto possibile. Sanno che la devi mandare giù perché il sindacal-porcellum gli garantisce che non ci saranno consultazioni. Però nella tua azienda la situazione precipita, aumentano gli infortuni. Immaginate che gli stessi iscritti dei sindacati che hanno firmato l’accordo, non avendo altri strumenti, debbano scioperare perché le condizioni di lavoro si fanno insostenibili. A questo punto l’imprenditore risolve il problema dei porcellini confederali provando a licenziare chi ha scioperato (ha violato la “clausola di tregua”, no?).

Che sindacati ormai tesi al fiancheggiamento stabile del governo reputino questa soluzione non solo sostenibile, ma persino auspicabile, non stupisce. Ma la domanda è: che diavolo ci guadagna Susanna Camusso? L’idea che la segretaria della Cgil non solo abbia voluto, ma addirittura cercato l’accordo è tanto preoccupante quanto vera. Una ratio però c’è. La Marcegaglia sogna di offrire questo patto a Marchionne per recuperare lo scisma a destra della Fiat; la segretaria della Cgil per domare lo scisma a sinistra della Fiom. Con un anacronismo stupefacente nei giorni in cui la vittoria referendaria esalta la democrazia diretta come l’arma in più della sinistra sulla destra. Partita con l’idea di tornare protagonista grazie al porcellum, con il No della Fiom la Camusso rischia di perdersi per strada due cose: o i suoi iscritti, o la più forte delle sue organizzazioni. Quella, cioè, che proprio sul terreno dei referendum alla Fiat ha dimostrato di avere più consensi delle sue tessere.

Il Fatto Quotidiano, 30 giugno 2011

lunedì 27 giugno 2011

Inciucio doloso permanente

di Antonio Padellaro
26 giugno 2011
Il Berlusconi piagnone è una maschera ricorrente nella commedia politica all’italiana. Ogni volta che riceve una bastonata elettorale tra capo e collo il bullo dedito alle spedizioni punitive contro i pm si trasforma in agnellino belante e anelante parole di conforto dagli avversari. I quali da 17 anni partecipano volentieri alla sceneggiata del ‘chiagne e fotte’ che di volta in volta si arricchisce di aspetti sempre più toccanti. Indimenticabile l’apparizione a Ballarò, dopo la catastrofe della destra alle Regionali del 2005 con il bollitissimo premier che enumerava nell’implacabile falange a lui ostile perfino “le scuole medie superiori e inferiori”. Gli risero appresso. Sappiamo come è finita.

L’altro giorno, alla Camera, con gli occhioni tristi e la criniera appassita il precario di Palazzo Chigi è andato a lamentarsi della sua triste istoria con Antonio Di Pietro che invece di alzarsi e piantarlo in asso (ne avrebbe parlato tutto il mondo) si è fatto intenerire. “È un uomo solo”, lo ha compianto, immaginandolo in serate da incubo con Gasparri e Cicchitto. Subito il poeta di corte Ferrara ha dedicato un ditirambo allo “statista” molisano che ieri mattina si deve essere commosso molto meno leggendo sui giornali delle quattro amiche di Sgarbi ospiti di Palazzo Grazioli per strappare un sorriso al miliardario malinconico.

Sul “disgusto” provocato da certe aperture di dialogo del Pd in merito al bavaglio da imporre alle “telefonate irrilevanti” (ma quali?, visto il verminaio), ha scritto sul Fatto parole definitive Roberta De Monticelli. Non volendo pensare il peggio, cioè a un permanente inciucio doloso, quale spiegazione dare al soccorso caritatevole di cui puntualmente i leader del centrosinistra fanno dono all’uomo che li ha insultati a sangue? Cercare d’intercettare i voti in libera uscita della destra mostrandosi moderati e consapevoli? Via, lo sanno pure i muri che è stato proprio l’odio per la sinistra a cementare l’elettorato berlusconiano! Oppure, l’inconfessabile smania di essere ammessi nel salotto buono di Arcore? Ma proprio adesso quando tutti, dai sorci ai leghisti, ne scappano a gambe levate?

Il Fatto Quotidiano, 26 giugno 2011

venerdì 24 giugno 2011

Giù le mani dalla " Rivoluzione Gentile"

pubblicata da Nella Toscano il giorno venerdì 24 giugno 2011 alle ore 19.33
CHE TORNI LA RETE DI ORLANDO PER NOI DELLA RETE DELLE DONNE   NON è UNA NOTIZIA, MA  LO E' IL FATTO CHE  CI SI VOGLIA APPROPRIARE DEL  TERMINE DISTINTIVO   "RIVOLUZUIONE GENTILE" !
 E' BENE CHE SI SAPIIA CHE  APPARTIENE ALLA RETE DELLE DONNE  ITALIANE E SICILIANE , QUINDI
GIU LE MANI DAL
LA "RIVOLUZIONE GENTILE"

A quasi un ventennio dalla sua nascita torna la Rete..."

Venerdì 24 giugno, Il Fatto Quotidiano: "A quasi un ventennio dalla sua nascita torna la Rete..."
A quasi un ventennio dalla sua nascita torna la Rete. Se però la chiamate la Rete di Orlando, il suo fondatore, attuale portavoce dell’Idv, vi...

di Carmine Fotia
A quasi un ventennio dalla sua nascita torna la Rete. Se però la chiamate la Rete di Orlando, il suo fondatore, attuale portavoce dell’Idv, vi smentirà con fastidio.
Non si tratta infatti, di una corrente di partito né tantomeno di un piccolo partititino, l’ennesimo, ad personam. Piuttosto un cenacolo di riflessione politico-culturale, dichiaratamente oltre la politica istituzionale che guarda in modo un po’ "visionario" non alle prossime elezioni ma a quelle del 2018. E che pensa in termini di post-berlusconismo piuttosto che di anti berlusconismo.    E’ animata da persone che hanno partecipato alla Rete del '92, ma anche no, e che oggi collocate in diverse forze politiche o in nessuna, unite dalla "retitudine”, ovvero l’attitudine a essere un “lievito culturale”.    Se n'è parlato in un seminario informale, uno dei tanti tenuti dai retini da due anni in qua, ma che oggi incrocia i cambiamenti nel mondo arabo, in Italia, in Grecia, in Spagna. Una “Rivoluzione Gentile” (per usare un termine caro alla Rete) che in Italia si esprime nelle amministrative e nei referendum.
Ma l’alternativa del centrosinistra è matura? Pace, democrazia diretta, forma partito, economia dei beni comuni. Su questi temi, a settembre, in concomitanza con la marcia della pace Perugia-Assisi, si terrà un nuovo seminario aperto ai movimenti, e a personalità della politica e della cultura, per cominciare a scrivere un “nuovo vocabolario dell’alternativa”.

Lettera a Rosy Bindi


 pubblicata da Nella Toscano il giorno venerdì 24 giugno 2011 alle ore 16.12

Ho ricevuto e volentieri pubblico:

 Gentile Presidente,
La nostra associazione Corrente Rosa, apolitica, che difende i diritti delle donne e la parità tra i sessi dal 2006, ha trovato di scarsissimo gusto il manifesto d'invito alla Festa dell'Unità del 23 giugno rappresentata dalla parte inferiore del corpo di una donna che tenta di nascondere le gambe tenendo con le mani una corta gonna rossa sollevata dal vento. La versione al maschile del manifesto è rappresentata invece dallo stereotipo dell'uomo professionista che lavora, mostrando la parte superiore del corpo, la cui cravatta è sollevata dal vento.

Consideriamo, come moltissime donne che si stanno in queste ore sollevando dall'indignazione, che la rappresentazione parziale e svestita del corpo di una donna lede la nostra dignità, ci riduce al rango di oggetto e non ci consente di costruire la nostra identità professionale e ancora meno politica. Inoltre, a nostro parere questo non pone un esempio positivo per le giovani donne che si stanno affacciando sul mercato del lavoro.
Lo slogan "CAMBIA IL VENTO" abbinato a questa immagine è in evidente contraddizione. Nessun vento sta cambiando Presidente, c'è sempre lo stesso scirocco soffocante del maschilismo di basso livello, che con questa ulteriore azione dimostra la sua assenza completa di considerazione per le tematiche di genere. Le tematiche di genere riguardano tutti in quanto dimostrano il livello di civiltà di un paese.
Ci rincresce pensare cara Presidente che proprio Lei, ha preso con coraggio e grande eleganza la nostra difesa nei confronti del Presidente del Consiglio, quando gli rispose: "Presidente, non sono una donna a Sua disposizione". Questo ci aveva fatto sperare che il principale partito dell'opposizione avrebbe preso delle misure per contrastare la rappresentazione mediatica e mercificata della donna assunta dal PDL. Capiamo invece che anche il PD per attirare il cittadino (uomo) ad una festa, deve utilizzare una parte del corpo della donna.
Noi cittadine, ci sentiamo insultate e non coinvolte in questa campagna e boicotteremo la Festa dell'Unità se il manifesto di cui alla presente lettera non sarà immediatamente tolto. Inoltre le chiediamo che il PD vigili alla rappresentazione delle donne nelle sue campagne pubblicitarie suggerendo che ci sia un comitato paritario composto di donne e uomini che le approvi.
In attesa di una Sua cortese e inequivoca risposta, Le porgo i miei distinti saluti,

Serena Romano
Presidente
Corrente Rosa

giovedì 23 giugno 2011

Islanda, un paese che vuole punire i banchieri responsabili della crisi

pubblicata da Flavio Gori il giorno giovedì 23 giugno 2011 alle ore 11.28
grazie a tiziano cardosi.

Islanda, un paese che vuole punire i banchieri responsabili della crisi
di Jóhanna Sigurðardóttir

Dal 2008 la gran maggioranza della popolazione occidentale sogna di dire “no” alle banche, ma nessuno ha osato farlo. Nessuno eccetto gli islandesi, che hanno fatto una rivoluzione pacifica che non solo è riuscita a rovesciare un governo e abbozzare una nuova costituzione, ma cerca anche di incarcerare i responsabili della débacle economica del paese.

La scorsa settimana a Londra e Reykjavik sono state arrestate 9 persone per la loro presunta responsabilità nel crollo finanziario dell’Islanda del 2008, una crisi profonda che si è sviluppata in una reazione pubblica senza precedenti che sta cambiando la direzione del paese.

È stata una rivoluzione senz’armi in Islanda, paese che ospita la più antica democrazia al mondo (dal 930), e i cui cittadini sono riusciti a effettuare il cambiamento solo facendo dimostrazioni e sbattendo pentole e tegami. Perché gli altri paesi d’Occidente non ne hanno neppur sentito parlare?

La pressione dei cittadini islandesi è riuscita non solo a far cadere un governo, ma anche a iniziare la stesura di una nuova costituzione (in corso), e sta cercando di incarcerare i banchieri responsabili della crisi finanziaria del paese. Come dice il proverbio, chiedendo le cose con garbo, è molto più facile ottenerle.
Questo tranquillo processo rivoluzionario ha le sue origini nel 2008 quando il governo islandese decise di nazionalizzare le tre maggiori banche, Landsbanki, Kaupthing e Glitnir, i cui clienti erano principalmente britannici, e nord- e sud-americani.

Dopo la presa in carico da parte statale, la moneta ufficiale (krona) precipitò e la borsa valori sospese l’ attività dopo un crollo del 76%. L’Islanda stava andando in bancarotta e per salvare la situazione, il Fondo Monetario Internazionale iniettò 2.100 milioni di dollari USA e i paesi Nordici contribuirono con altri 2.500 milioni.


Grandi piccole vittorie di gente comune
Mentre le banche e le autorità locali ed estere stavano disperatamente cercando soluzioni economiche, gli islandesi si sono riversati in strada e le loro persistenti dimostrazioni quotidiane davanti al parlamento a Reykjavik hanno provocato le dimissioni del primo ministro conservatore Geir H. Haarde e del suo intero gabinetto.
I cittadini esigevano inoltre di convocare elezioni anticipate, e ci sono riusciti: in aprile è stato eletto un governo di coalizione formato dall’Alleanza Social-democratica e dal Movimento Verde di Sinistra, capeggiato dalla nuova prima ministra Jóhanna Sigurðardóttir.

Per tutto il 2009 l’economia islandese continuò a essere in situazione precaria (alla fine dell’anno il PIL era calato del 7%) ma ciononostante il parlamento propose di rifondere il debito alla Gran Bretagna e ai Paesi Bassi con un esborso di 3.500 milioni di euro, somma da pagarsi ogni mese da parte delle famiglie islandesi per 15 anni all’interesse del 5.5%.

La decisione riaccese la rabbia negli islandesi, che tornarono in strada esigendo che, almeno, tale scelta fosse sottoposta a referendum. Altra piccola vittoria per i dimostranti: nel marzo 2010 si tenne appunto tale consultazione elettorale e uno schiacciante 93% della popolazione rifiutò di rifondere il debito, almeno a quelle condizioni.
Ciò costrinse i creditori a ripensare l’operazione migliorandola con l’offerta di un tasso del 3% protratto per 37 anni. Ma anche questo non bastava. L’attuale presidente, al vedere il parlamento approvare l’accordo con un margine esiguo, ha deciso il mese scorso di non ratificarlo e di chiamare il popolo islandese alle urne per un referendum in cui avrà l’ultima parola.


I banchieri scappano per la paura
Tornando alla situazione tesa del 2010, quando gli islandesi si rifiutavano di pagare un debito contratto da squali finanziari senza consultazione, il governo di coalizione aveva promosso un’indagine per stabilire le responsabilità legali della fatale crisi economica arrestando già parecchi banchieri e alti dirigenti strettamente collegati alle operazioni arrischiate.

L’Interpol frattanto aveva emesso mandato di cattura internazionale contro Sigurdur Einarsson, ex-presidente di una delle banche coinvolte. Questa situazione ha spaventato banchieri e dirigenti inducendoli a lasciare il paese in massa.
In questo contesto di crisi, si è eletta un’assemblea per redigere una nuova costituzione che rifletta le lezioni apprese nel frattempo sostituendo quella attuale, ispirata alla costituzione danese.

Per far ciò, anziché chiamare esperti e politici, gli islandesi hanno deciso di rivolgersi direttamente alla gente, che dopo tutto detiene il potere sovrano sulla legge. Più di 500 islandesi si sono presentati come candidati a partecipare a tale esercizio di democrazia diretta e a scrivere una nuova costituzione. Ne sono stati eletti 25, senza affiliazioni partitiche, compresi avvocati, studenti, giornalisti, agricoltori e sindacalisti.

Fra l’altro, questa costituzione richiederà come nessun’altra la protezione della libertà d’informazione e d’ espressione nella cosiddetta Iniziativa per i Media Moderni Islandesi, in un progetto di legge che mira a rendere il paese un porto sicuro per il giornalismo d’indagine e per la libertà d’informazione, dove si proteggano fonti, giornalisti e provider d’Internet che ospitino reportage di notizie.
La gente, per una volta, deciderà il futuro del paese mentre banchieri e politici assistono alla trasformazione di una nazione dai margini.

Fonte: www.elconfidencial.com
TRANSCEND Media Service. 

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
Titolo originale: Iceland, a Country That Wants to Punish the Bankers Responsible for the Crisis http://www.transcend.org/tms/2011/04/iceland-a-country-that-wants-to-punish-the-bankers-responsible-for-the-crisis/

mercoledì 22 giugno 2011

L'INCHIESTA P4

 Il governo ombra al servizio di Berlusconi

così il sistema controllava l'intero Paese

Le indagini sulla nuova loggia che sconvolge e governa l'Italia: un doppio livello, quello ufficiale a palazzo Chigi e quello ombra in mano a Bisignani, che tesseva trame in tutti i palazzi. Per i pm si tratta un sistema criminale illegale "preordinato all'acquisizione e alla gestione, con modalità operative tipiche delle più sofisticate associazioni di stampo terroristico e mafioso"

di LIANA MILELLA E FRANCESCO VIVIANO MINIMIZZANO quelli del Pdl. Fanno spallucce i berlusconiani, anche quelli del cerchio più stretto. Se gli chiedi chi era Bisignani ti rispondono: "Quello? Lavorava solo per sé". E Papa? "Un poveraccio, mai calcolato". E invece la storia non è andata affatto così.  Bisignani era Berlusconi. Berlusconi era Bisignani. Bisignani era Letta. Letta era Bisignani.

Il "governo ombra" lo teneva in mano proprio lui, Luigi Bisignani. Quello ufficiale lo reggeva Berlusconi. Ma era il "piduista" di sempre a tessere in tutti i palazzi, quelli istituzionali, quelli della grande economia, quelli delle polizie e degli 007, quelli dell'informazione a partire dalla Rai, la trama segreta, a muovere la "macchina del fango", a spostare e sistemare gli uomini giusti laddove servivano.

Non è scritto in una fiction. Non è un romanzo giallo. Ormai è stato cristallizzato negli atti di un'inchiesta giudiziaria. Quella dei pm di Napoli Francesco Curcio ed Henry John Woodcock. Due anni di lavoro. Una montagna di carte che potrebbero essere un palazzo. Quindicimila? Una più, una meno. I faldoni dell'indagine sulla nuova loggia che sconvolge e "governa" l'Italia.

Gli avvocati degli imputati, da ieri, stanno leggendo le 15mila pagine, una dopo l'altra, con allarme crescente. Oggi sicuramente, a Montecitorio, nella giunta per le autorizzazioni che deve affrontare il dossier sulla richiesta di arresto per Alfonso Papa, gli uomini del Cavaliere pretenderanno
di acquisirle tutte quante. Serve solo per prendere tempo. Per cercare di salvare, dopo il coordinatore della Campania Nicola Cosentino, anche Papa. Il magistrato infedele, divenuto deputato del Pdl per esplicita imposizione di Bisignani, che per suo conto girava le procure di mezza Italia, a partire da Napoli, sfruttava l'aiuto di poliziotti e carabinieri traditori quanto lui, portava tutto a Bisignani.

Bisogna raccontarlo nei dettagli questo "sistema criminale illegale e surrettizio". "Preordinato all'acquisizione e alla gestione di notizie, per scopi e finalità illecite ed extra ordinem, con modalità operative tipiche delle più sofisticate compagini associative di stampo terroristico e mafioso". Lo descrivono così Curcio e Woodcock. Che raccolgono i fatti. Che si guardano bene dal lasciarsi andare a qualsiasi considerazione anche solo velatamente politica. Nulla che possa scatenare contro di loro l'accusa di essere magistrati "di partito".

I fatti, appunto. Essi dimostrano che Bisignani e Berlusconi era come se governassero assieme. Lo prova la sudditanza dei ministri a colloquio con il manovratore della P4. Gianni Letta, proprio il grande saggio di palazzo Chigi, l'ambasciatore con il Colle, è il primo a essere ossequioso perfino quando lo interrogano a Napoli. "Luigi è persona estroversa, brillante e bene informata. È amico di tutti. È l'uomo più conosciuto che io conosca. Bisignani è un uomo di relazioni".

Quanto grandi e potenti erano queste "relazioni" è ormai documentato. Agli atti. Relazioni funzionali a sostenere il premier ufficiale, il Cavaliere. Con cui "don Luigi" è in rapporti intimi. Lo vuole perfino invitare alla festa di compleanno di sua madre. È il 3 dicembre del 2009. Lui ne parla a telefono con la sorella. Lei si mette di traverso, lo ferma, non vuole che diventi "una Noemi seconda", cioè una festa scandalo come quella per il 18 anni della famosa Noemi Letizia. Che dalle veline si passi alle "velone". Lui insiste, dice che Berlusconi "gli ha già detto di sì", che "se ne frega", pur sapendo che Repubblica "sta addosso a sta cosa". La sorella però, come scrivono i magistrati, "ha paura che sul giornale potrebbe andare a finire il nome dei Bisignani". Lei preferisce "annullare tutto dicendo a Berlusconi che la mamma sta male".

Un rapporto sotto i riflettori, in cui non c'è neppure bisogno di nascondersi. Come tutti quelli che intrattiene Bisignani, l'uomo che controlla palazzo Chigi e lo Stato. Il primo ministro ombra. Che comanda a bacchetta ministri come Stefania Prestigiacomo. Lei gli chiede aiuto per migliorare i rapporti con il collega Paolo Romani, visto che lui "non si comporta bene". E lei è a secco di finanziamenti per il suo ministero. Ignazio La Russa è disponibile: "Arrivo a Roma, se ci vogliamo vedere facciamo il punto su questa situazione e tu mi aiuti a capire un po' questa matassa perché non è tanto chiara".

Dà suggerimenti a Franco Frattini. Con Denis Verdini i suoi colloqui sono continui. Parlano di politica e, ovviamente, di inchieste. Quelle ormai di vecchia data, come la P3 in cui lui è indagato, e quelle di cui non si sa ancora nulla, come la P4. Non disdegna neppure Daniele Capezzone ("Vediamoci con piacere, per scambiare due idee perché qui mi pare che si va a sbattere proprio"). È in familiarità con il finiano Italo Bocchino ("Dove sei? Io sto arrivando lì, se tu ce la fai ti dico una cosa al volo...").

Ma è sulla stampa che Bisignani gioca il ruolo di Gran maestro e gran manovratore. Lui disegna gli organigrammi, sceglie gli uomini, ma anche gli obiettivi da appoggiare o da distruggere. L'ex direttore generale Mauro Masi è una sorta di "scendiletto", un fedele esecutore dei suoi voleri, "il nostro eroe della Rai". Quando Bisignani decide che è tempo di liquidare Michele Santoro e Annozero detta direttamente a Masi la lettera di ammonimento per cacciarlo via. Poi ne parla così: quel giornalista "è una vergogna, gente che fa roba del genere è da licenziarla...".

Tanto è potente nel Tg1 di Minzolini da rivedere perfino le interviste. Come quella col direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli: "Sì, l'ho rivista, molto istituzionale, Augusto è un grande professionista...". Tutto il contrario di Maria Luisa Busi, l'ex conduttrice del Tg1, che Masi riesce a far buttare fuori.

Sulle aziende pubbliche e private Bisignani detta legge. Eccone una riprova. Il 25 ottobre del 2010 parla al telefono con il patron dell'Eni Paolo Scaroni. Il quale lo informa che "sta andando ad Arcore per incontrare Berlusconi". E Bisignani gli dà un ordine: "Gli devi dire di fare l'accordo sulla giustizia. Si deve mettere d'accordo con Fini, e farla finita. Senno qui si va alle elezioni. Senno qui è la morta gora. È la rivolta di tutti i ministri. Per cui, o fai l'accordo mangiando tutto quello che devi mangiare, oppure chiudi la partita". Al presidente in quel momento di Mediobanca Cesare Geronzi (poi "promosso" al vertice delle Generali) è legato al punto che quando Salvatore Nastasi, il capo di gabinetto dell'ex ministro Sandro Bondi, ha bisogno di un appuntamento, chiede a lui "l'autorizzazione per ottenerne uno". È scritto proprio così nel brogliaccio di una telefonata intercettata: "Ho un messaggio da parte del dottor Nastasi... chiedeva al dottor Bisignani di poter avere... diciamo la sua autorizzazione per fissare un appuntamento con il dottor Geronzi".

Non sopporta quelli che si ribellano, il Bisignani, soprattutto se mancano di rispetto a Berlusconi e mettono in crisi governo vero e governo ombra. Su Gianfranco Fini si scatena. "Il camerata Fini? Torna camerata pare? Non è così? Hanno imbucato il Cavaliere in un casino, deficienti, deficienti proprio". A quelli di An non fa sconti. Si sfoga con Paolo Cirino Pomicino: "Berlusconi si è fatto mettere su da Ignazio, dagli ex colonnelli, che sono riusciti a fare con lui quello che non erano riusciti a fare loro stessi con Fini".

È una sola la preoccupazione del patron della loggia P4, che tutto crolli, che il Cavaliere cada, che lui stesso perda la posizione di premier ombra. Quando parla con il suo amico Flavio Briatore appare sconsolato: "Se adesso andiamo alle elezioni rischiamo di perderle. Se questi non gli fanno passare il processo breve, finisce che a Berlusconi (per il processo Mills, ndr) gli danno cinque anni di condanna e l'interdizione dai pubblici uffici, ed è finito il gioco per tutti. Tutti, compresa la nostra amica Daniela (la Santanché, ndr), che lo aizzano in questo modo. Lo stanno buttando in un baratro. Adesso meno male che gli altri se ne sono accorti, perché questo gruppetto di quelli della Destra nazionale ha usato Berlusconi per mandare a "fan culo" Fini, cosa che loro non erano mai riusciti a fare con le loro forze. Una vendetta traversale, e lui ci è cascato". Il potere del Cavaliere si logora, Bisignani capisce che tutto il suo potere rischia di sgonfiarsi. Se cade l'uno, cade anche l'altro.  
(22 giugno 2011)

lunedì 20 giugno 2011

Corruzione: compromesso incredibile


(di Liana Milella)
Ha dell’incredibile il compromesso raggiunto al Senato sul ddl anti-corruzione. Soprattutto a guardarlo in questi giorni, mentre esplode l’ennesimo scandalo su una loggia di affaristi giunta fin dentro palazzo Chigi. Una P4 scoperta dai giudici che segue la P3 e la P2. Orbene. Ecco che accade. Al Senato approvano mercoledì 15 giugno, dopo un anno di attesa, un ddl anti-corruzione ridicolo. Basti pensare, come abbiamo già segnalato, che sarà il governo presieduto da Berlusconi ad avere la delega per scrivere il capitolo degli ineleggibili nelle istituzioni.

Ma non non c’è solo questa contraddizione in quegli articoli. Ce n’è un’altra, anch’essa macroscopica. Si arriva al compromesso, tra Pdl, Pd e Idv (è contro l’Udc), di affidare il compito di vigilare sulla corruzione in Italia, facendo piani e riferendo al Parlamento, a una rivisitata e ampliata Civit, fantasmatica “Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza, l’integrità delle amministrazioni pubbliche”. Ne avete mai sentito parlare? Il governo l’ha costituita il 27 ottobre 2009 con l’obiettivo, è scritto sul sito della Civit, di “ottimizzare la produttività del lavoro pubblico” e garantire “l’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”. Non basta. Chi è il presidente della Civit? L’ex toga di Unicost Antonio Martone, avvocato generale in Cassazione e un passato da presidente dell’Anm, che il 29 luglio 2010 ha dovuto lasciare la magistratura, prima che fosse il Csm a intervenire, perché era finito nell’inchiesta sulla P3. Aveva partecipato anche lui al pranzo a casa del coordinatore del Pdl Denis Verdini (con il ben noto faccendiere Flavio Carboni e Pasquale Lombardi finiti entrambi in cella). Obiettivi multipli, tra cui tentare di influire sulla Consulta per non far bocciare il lodo Alfano, evitare che la lista Formigoni fosse esclusa dalle regionali, far nominare alla Corte d’appello di Milano il loro amico Alfonso Marra. Il non più magistrato Martone è rimasto al vertice della Civit.

Il ddl deve ancora passare al vaglio della Camera. Ma se fosse operativo si avrebbe la singolare coincidenza che a occuparsi dei piani contro la corruzione in Italia sarebbe questa Civit con questo presidente. Una Civit che resta comunque un’emanazione di palazzo Chigi, visto che i componenti sono scelti dal ministro per la Pubblica amministrazione (cioè il Brunetta che bolla i precari come “l’Italia peggiore”) d’intesa con quello per l’Attuazione del programma, l’ex Dc Rotondi. Certo, l’opposizione ci mette bocca, il capo dello Stato firma, ma Martone è ancora lì. Ormai da un anno.

domenica 19 giugno 2011

Tremonti e la manovra da 40 miliardi! Lettera aperta!!!!

  pubblicata da Paola Bozzini il giorno domenica 19 giugno 2011 alle ore 17.39


Gentile ministro,
lei ha parlato a Confindustria annunciando la manovra da 40 miliardi, quella manovra che anche la Banca Europea aspetta per non condannarci a fare la fine della Gracia. E lei che cosa ha annunciato? Che ci saranno dei tagli, certo, ma i tagli lei li farà alla "Spesa pubblica"! E cioèalle pensioni, (lo ha detto lei) alla sanità, alla scuola e via dicendo!
Non le sembra, gentile ministro leghista, che le sue parole siano fuori senno? Dopo che il 17 giugno scorso (sic!) vi siete aumentati lo stipendio di piùdi 1000 euro al mese? Non le pare che i tagli si dovrebbero fare  sui parlamentari strapagati, sulle commissioni inutili, sui palazzi affittati per dare spazio a dei fannulloni, sulle auto blu, sugli aerei blu, sul dispendio assurdo di denaro (pubblico) che ogni giorno avviene nei palazzi del governo? E il suo leader Bossi chiede che quattro ministeri siano spostati al Nord! Nella villa reale di Monza!!! Le pare il momento di parlare di traslochi? Credo che gli italiani tutti ne abbiano le tasche piene di lei e di tutto questo governo che non sa fare altro che spoglire i lavoratori e i cittadini togliendo loro ogni  possibilità! Se lei presenterà la sua manovra in questi termini, noi scenderemo in piazza per contestarla e per chiederle di dimettersi. E' ora di finirla caro ministro. La cuccagna è finita che lei lo voglia o no. Gli italiani si sono svegliati e non le permetteranno questo ulteriore scempio sulla pelle di noi tutti.
Paola Bozzini

sabato 18 giugno 2011

Adesso abbiamo scoperto anche una P5 …

 Le nuove indagini che hanno portato alla luce la nuova P5 disvelano un reticolo di connessioni, di relazioni e di connivenza tra diversi apparati sensibili dello stato, della Magistratura, delle forze dell’ordine  e del governo che non possono non preoccupare tutti i cittadini. A leggere di tutte le trame occulte che ci sovrastano si rimane senza fiato ed ancora di più nel constatare che uomini  tipo Montezemolo sentono la necessità di rivolgersi a questi criminali per risolvere i loro problemi.
Apprendere come ormai in questo Paese è tutto possibile solo se fai parte di una cricca, mentre si è costretti a rimanere fuori da tutto solo  se  non vuoi cedere a queste lusinghe, se non vuoi comprometterti, se vuoi rimanere con la schiena diritta è veramente devastante e distrugge ogni speranza nelle persone perbene.
Quello che amareggia ancora di più è vedere che tutto si può, tutto si ottiene non in base a serietà, competenza e correttezza, ma in base all’appartenenza.
E’ davvero devastante vedere come tutto si concentra nelle mani di pochi e con l’esclusione dei più da qualsiasi cosa. Ormai il lavoro e la ricchezza rimangono concentrati nelle mani delle lobby favorite dalla criminalità per trarne il massimo del profitto affamando il resto della popolazione.
Non è un caso che gli ultimi vengono abbandonati al proprio destino, come è successo alla famiglia marocchina abbandonata in mezzo alla strada, sia dallo stato che dalla Chiesa, che ha avuto il coraggio di rimandarla in strada perché il comune non ha pagato la retta, causando così  la morte del bambino che la donna portava in grembo.
La pietas non alberga più nemmeno nella chiesa che dalla mattina alla sera ci bombarda con la sua propaganda contro l’aborto e poi fa morire in strada un bimbo non ancora nato.
Io non voglio vivere in un paese di barbari come sta diventando il nostro, voglio potere vivere in un paese civile dove tutti i cittadini hanno uguali diritti ed uguali doveri. Voglio vivere in un Paese che si dà delle regole e poi li fa rispettare dal primo all’ultimo dei cittadini dove l’uguaglianza sia un’uguaglianza vera, come sancito dalla nostra Costituzione, ahimé rimasta  inattuata soprattutto   per quanto riguarda il lavoro come diritto e non come favore che ci viene elargito dai potenti!!!!
Nella Toscano

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giovedì 16 giugno 2011

LEGGE ELETORALE "Io firmo. Riprendiamoci il voto" Al via il referendum anti-Porcellum

 

Presentata questa mattina a Roma una nuova campagna referendaria per cancellare i punti più controversi della legge Calderoli. Dalla prossima settimana via alla raccolta delle firme. Obiettivo: 500mila entro la fine di settembre

di CARMINE SAVIANO

"Io firmo. Riprendiamoci il voto" Al via il referendum anti-Porcellum Il manifesto della campagna
ROMA - Liste bloccate, premio di maggioranza, deroghe alla soglia di sbarramento, obbligo di indicazione del candidato premier. Quattro punti. Quattro disposizioni che fanno del Porcellum, una legge elettorale "da cancellare al più presto". Dando, attraverso un referendum abrogativo, la parola ai cittadini.

È "Io Firmo. Riprendiamoci il voto" 1, iniziativa del Comitato per il Referendum sulla Legge Elettorale, che stamattina a Roma, ha lanciato una nuova campagna referendaria. Si parte la prossima settimana con la raccolta delle firme per eliminare una delle distorsioni più nocive del sistema politico italiano.

Una mobilitazione trasversale, che nasce nella società civile, per mettere un freno ai danni prodotti dal Porcellum: trasformismo, frammentazione, coalizioni disomogenee e ingovernabili. Per questo, secondo Stefano Passigli, "ogni tentativo di modifica della legge è destinato a fallire", e l'unico modo per eliminarne i difetti è "tagliare i quattro punti più discussi". E il ricorso ai cittadini è il modo per superare l'impasse parlamentare: "Se il Parlamento riuscirà a trovare un accordo, tanto meglio. Altrimenti il referendum è inevitabile".

Numerosi gli interventi. Tutti tesi a sottolineare gli orrori del Porcellum. Per Giovanni Sartori, "il premio di maggioranza dato a una minoranza è il vizio maggiore della legge". Perché
"questo falsa tutto il sistema politico: le leggi elettorali trasformano i voti in seggi e questa legge li trasforma male". Poi l'indicazione dei modelli che potrebbero essere importati in Italia: "il doppio turno alla francese o quello tedesco sarebbero i due sistemi che andrebbero bene". E sulle motivazioni del referendum: "È il rimedio contro l'inerzia dei partiti in materia di legge elettorale".

Per Enzo Cheli, "dopo la legge Acerbo, è la peggiore legge elettorale della storia italiana". E ancora: "Al di là delle conseguenze, come le intere aree sociali buttate fuori dal Parlamento, il premio di maggioranza dato ad una coalizione al di là di una soglia minima è a rischio di costituzionalità". Non solo: con il Porcellum, sono saltate tutte le "soglie di ragionevolezza". Da qui l'esigenza di intervenire sulla legge "per ragioni di manutenzione costituzionale". Non manca la preoccupazione per il tipo di legge che verrebbe fuori se il referendum riuscisse ad ottenere il quorum: "Se passa, resta in piedi una legge proporzionale. E, soprattutto, una legge funzionante".

L'obiettivo è raggiungere, entro settembre, le 500mila firme valide necessarie a presentare il referendum alla Corte di Cassazione. Tra le prime adesioni nomi molto noti della cultura italiana: Claudio Abbado, Salvatore Accardo, Umberto Ambrosoli, Alberto Asor Rosa, Corrado Augias, Gae Aulenti, Andrea Carandini, Luigi Brioschi, Tullio De Mauro, Umberto Eco, Carlo Feltrinelli, Inge Feltrinelli, Ernesto Ferrero. Vittorio Gregotti, Carlo Federico Grosso, Rosetta Loy, Dacia Maraini, Renzo Piano, Mario Pirani, Maurizio Pollini, Giovanni Sartori, Corrado Stajano, Massimo Teodori, Giovanni Valentini, Paolo Mauri, Gustavo Visentini, Innocenzo Cipolletta, Domenico Fisichella, Stefano Mauri, Benedetta Tobagi, Franco Cardini, Luciano Canfora, Irene Bignardi e Margherita Hack.

(16 giugno 2011)