Vladimiro Polchi, il Venerdì , 15-01-2010
La incroci in tutti i tuoi momenti importanti. «Quando iscrivi i figli a scuola e puoi scegliere tra un istituto pubblico o privato. Quando partorisci o ti devi curare, ma non hai i soldi per una clinica e ti rivolgi al servizio sanitario nazionale. Quando vuoi aprire un giornale o fondare un partito. Quando devi pagare tasse e imposte». È sempre lei: la Costituzione che, volenti o nolenti, ci tiene per mano dal momento in cui nasciamo. Ai suoi 139 articoli Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Consulta, ha dedicato la sua vita professionale come professore.
Ma la nostra Costituzione si presta anche a una lettura «popolare », che la immerga con naturalezza nella vita sociale. Un testo sempre attuale, che può certamente essere modificato, ma senza forzature. La Costituzione infatti «è quella cosa che i popoli si danno quando sono sobri, a valere per quando saranno ubriachi» e deve restare «una garanzia di pace interna». Eppure da più parti se ne chiede un «tagliando», è vittima di attacchi, per lo più da destra, «perché» riflette Zagrebelsky «è cresciuta l’insofferenza verso il bilanciamento dei poteri che essa garantisce».
Professore, ma che cosa è una Costituzione?
«È lo strumento attraverso il quale ci diamo una forma di vita comune. Sottolineo il comune. Per darsi una Costituzione bisogna riuscire a trascendere se stessi, i propri interessi particolari. Benedetto Croce, all’inizio dei lavori dell’Assemblea costituente avrebbe voluto che si svolgessero sotto il segno del Veni Creator Spiritus. Aveva suscitato stupore che tale invocazione provenisse proprio da uno dei massimi esponenti della cultura laica. Ma non aveva nulla di clericale. Era la consapevolezza che ci si accingeva a un’opera che ha qualcosa di sovrumano. Fare, o cambiare, la Costituzione non è fare una legge qualunque. Oggi si crede che chiunque possa mettere mano alla Costituzione, che basti volere e poi scrivere quel che s’è voluto, come una legge qualunque.
Che ingenuità e presunzione! Se si fa così, si creano mostri, dei quali, prima o poi, ci si pentirà. Un tempo si pensava che le costituzioni fossero opera della Provvidenza (De Maistre) o dello Spirito incarnato nella storia (Hegel), cioè per l’appunto di forze sovrumane. Oggi si pensa altrimenti, ma resta la questione: la Costituzione è fatta per valere nei confronti degli stessi che la fanno. Bisogna credere che questi, soggetti particolari, siano capaci di uscire dal bozzolo dei loro interessi e provvedano per il bene di tutti».
Quali sono le caratteristiche della nostra Carta?
«Intanto la sua genesi, in un periodo storico molto particolare, dopo la fine della guerra e la sconfitta del nazifascismo. L’Assemblea costituente era profondamente divisa, le divisioni attuali sono nulla rispetto a quelle di allora. Per questo si parlò di miracolo costituente. L’imperativo comune era “mai più la guerra”: se la Costituente avesse fallito sarebbe stato un disastro. La Costituzione è una garanzia della pace interna. Allora l’imperativo supremo era la pacificazione; oggi è, ancora come sempre, il mantenimento della pace. La nostra è inoltre una Costituzione rigida, resiste cioè alle modifiche delle semplici maggioranze. È stato detto che “la Costituzione è ciò su cui non si vota più”. Ci sono infatti aspetti essenziali della vita quali le maggioranze e i governi non possono mettere la loro mano. Tutte le proposte di cambiare la Costituzione, se non condivise, sono come le procellarie: annunciano tempesta».
La nostra viene considerata una delle Costituzioni più belle del mondo. Perché?
«Una cosa è certa: la Costituzione italiana è stata fonte di ispirazione di numerose altre, venute dopo. Con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del dicembre 1948, in molte parti, addirittura coincide letteralmente. Dietro la nostra Costituzione c’è un’idea di convivenza civile, un solidarismo che abbraccia tutti e non lascia nessuno indietro. Questa è la strada indicata dall’articolo 3 sull’eguaglianza.
Una concezione oggi in difficoltà, per l’affermarsi di un’ideologia anticostituzionale, tutta orientata alla competizione e alla concorrenza, che dividerà la gente in due, i vincitori e i vinti». Non è allora lontano dal vero Silvio Berlusconi nel dire che la nostra Costituzione ha «un’ispirazione sovietica». «Stento a credere che si possa pensare così. Certo, ogni Costituzione si ispira a una concezione politica e sociale della vita. Ma la nostra si inserisce perfettamente nel corso storico del costituzionalismo del nostro tempo che si ispira alla società aperta, democratica, liberale, e solidale, non al totalitarismo. Riconosce la libertà di iniziativa economica privata, ma prevede anche il diritto dello Stato a intervenire ove occorra.La libertà di mercato senza limiti può trasformarsi nel suicidio del mercato. Basti pensare alla crisi economica attuale e agli interventi pubblici che ha richiesto. Che cosa c’entrano i soviet?».
La Costituzione non è intoccabile. Può sempre essere modificata.
«E lo è stato fatto più volte. Si pensi al giusto processo o alla riforma del titolo V. La si può certo modificare, con procedure aggravate e maggioranze larghe, per adeguarla ai tempi. Ma ci sono dei punti intoccabili, come la forma di governo repubblicana, i diritti fondamentali di libertà e i diritti sociali, la democrazia. C’è poi una differenza tra modificare la Costituzione e cambiarla. Passare, per esempio, dal regime parlamentare a quello presidenziale non comporta una semplice modifica ma una vera e propria sostituzione di una concezione politica con un’altra».
Il ministro Brunetta vuole riscrivere l’articolo 1. Cosa ne pensa?
«Fondare sul lavoro la natura democratica dello Stato ha una valenza etica. Il riferimento al lavoro non è legato all’economia al lavoro come merce. Il lavoro è un aspetto essenziale della dignità umana, come sanno per esperienza quelli che ne sono privi. Sostituire “lavoro” con “merito” e “competizione” significa volersi esporre a quell’ideologia terribile che è il darwinismo sociale».
Perché parte della destra mostra tanta insofferenza verso la nostra Carta?
«Perché c’è una tendenza alla democrazia d’investitura, che vede con fastidio ogni bilanciamento dei poteri. Il rafforzamento del Governo e del Presidente del Consiglio non sono di per sé atti dispotici, purché siano temperati da altrettanto forti poteri di controllo e garanzia, parlamentari, giudiziari e istituzionali (del Presidente della Repubblica e della Corte costituzionale)».
Organismi che vengono oggi accusati di politicizzazione, a partire dalla Consulta.
«È da ignoranti non capire che quando si assumono cariche istituzionali è necessario e possibile che si assuma anche lo spirito della funzione. Se si ha avuto e se si ha un’idea politica, non necessariamente questa perturba l’esercizio di una funzione che politica non deve essere. Si possono criticare le decisioni della Corte costituzionale, ma per farlo bisogna leggerne (e capirne) le motivazioni giuridiche. Non basta dire: questo o quel giudice hanno un passato politico».
È vero che all’origine della Costituzione c’è stato un «inciucio» tra le forze politiche?
Massimo D’Alema ne ha parlato a proposito di Togliatti e dell’articolo 7, sui rapporti tra Stato e Chiesa, per dire che «certi inciuci fanno bene al Paese». «Una cosa è la sintesi politica. Un’altra è lo scambio di favori. L’immunità concessa a una persona che occupa pro tempore la carica di Presidente del Consiglio che cosa è: sintesi o scambio?».
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