(Articolo di Alessandro Bagnato)
Da dicembre per lo Stato non ho il diritto di salire su un treno, su un pullman, su un aereo, non ho il diritto di entrare in un bar, di andare al ristorante, di dormire in un albergo, di entrare in una piscina o in un museo. Dal 1 febbraio non ho il diritto di entrare nei negozi, in banca, alle poste. Da oggi, 15 febbraio, non avrò più il diritto di lavorare e guadagnarmi da vivere. Mi è rimasto il diritto di entrare nei negozi alimentari e quello, nel caso non avessi qualche risparmio da parte, di morire di fame. Mi è rimasto anche il dovere di pagare le tasse. Divieto in più divieto in meno, in questa situazione si trova oggi qualche milione di persone in Italia, molte delle quali impediti di lavorare.
E’ una tua scelta, magari penserai, basta vaccinarsi e tutto finisce.
E’ vero. Proprio come era una scelta dei professori degli anni ‘30 la
loro espulsione dalle Università, bastava prendere la tessera fascista e
tutto finiva. Ed era una scelta dei cristiani la loro persecuzione,
bastava sacrificare all’Imperatore e tutto finiva. Che dire poi di chi
sceglieva di farsi torturare dall’Inquisizione, bastava abiurare e il
dolore finiva. E oggi non è forse una scelta quella della donna di
subire violenza sessuale? Basta concedersi all’aggressore è la violenza
sparisce. Strani tempi questi, in cui se qualcuno minaccia di farti
saltare la vetrina se non gli dai 100 euro lo chiami mafioso ma ti
sembra normale che lo Stato privi dello stipendio chi non fa del suo
corpo quello che è stato deciso dall’alto per lui.
Forse l’istinto ti fa dire che sono cose diverse. Lo sono, con elementi
in comune: violenza e discriminazione per ragioni politiche. Se pensi
che in questo caso ci siano invece delle ragioni mediche, mi spiace, non
sei informato. Non ce ne sono mai state, era noto alla comunità
scientifica ben prima che queste misure venissero inserite, ma ora
tutti, persino i virologi di corte, lo ammettono candidamente in TV,
questa settimana Crisanti e Bassetti.
Allora anche l’obbligo delle cinture di sicurezza è una discriminazione,
ti sento ribattere. Davvero? Ti sembra la stessa cosa indossare delle
cinture per qualche minuto o qualche ora e accettare un trattamento
sanitario sul tuo corpo che ha esiti permanenti, esiti che le case
produttrici dichiarano di non conoscere? E soprattutto: ti sembra che la
pena prevista per non indossare le cinture sia paragonabile a quella
che subisce chi non accetta di subire questo trattamento?
Ti chiederai perché sto scrivendo a te questo messaggio. Lo sto inviando
a tutti miei contatti, senza escludere nessuno. So che raggiungerà
tanti nella mia stessa condizione, che magari lo adatteranno e lo
inoltreranno a loro volta. Raggiungerà altri che a questo ricatto hanno
dovuto loro malgrado sottostare e altri che condividono ciò che scrivo e
che pur non essendo nella mia situazione si stanno adoperando per fare
cessare questo abominio. Ma il messaggio raggiungerà anche persone che
lo accoglieranno con fastidio, alcune con molto fastidio. E’ a loro che
soprattutto mi rivolgo.
Vedi, questa infamia finirà e i responsabili pagheranno per le loro
colpe, come è sempre avvenuto nella storia quando lo Stato si fa
tiranno. Ma nella storia è anche sempre avvenuto che la gente comune
fuori dai palazzi se la sia poi cavata con queste frasi: non me ne ero
accorto, avevo sottovalutato, non ero informato bene, non lo sapevo.
Ecco. Ora lo sai.
Italia, 15 febbraio 2022
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