Corriere della Sera
20 marzo 2014 -Daria Gorodisky
In che senso?
«In un Senato composto da amministratori locali, e che quindi non godrebbero della libertà di mandato prevista per gli eletti dall’articolo 67 dalla Costituzione, un futuro demagogo potrebbe ottenere consenso politico in cambio di concessioni territoriali. E questo, abbinato all’Italicum che consegnerebbe il governo a chi ottiene meno del 20% dell’elettorato effettivo, con deputati nominati ancora dal leader, produrrebbe un presidenzialismo selvaggio e senza contrappesi».
Allora niente riforma?
«La legge elettorale va migliorata, a partire dai temi di parità di genere, preferenze e soglie. Il Senato, invece, dovrebbe sì trasformarsi, ma per costituire un contrappeso come Camera alta di garanzia: con la funzione di innalzare la qualità della legislazione e varare grandi leggi cornice, e con poteri di inchiesta. I suoi membri dovrebbero essere eletti, ma non con un sistema maggioritario: tanto non ci sarebbe voto di fiducia, mentre sui grandi temi il confronto deve essere il più ampio possibile».
Una proposta che si tradurrà in articolato di legge?
«Sì, è già pronto e appena depositato».
Crede che a Palazzo Madama raccoglierà consensi?
«Ci sono pareri diversi, a me non convince il Senato federale perché potrebbe dividersi tra regioni forti e deboli, mettendo a rischio l’unità nazionale. Però c’è disponibilità al confronto, al di là delle divisioni congressuali».
Già, si dice che proprio al Senato si consumerà la rivincita.
«No, nessuna rivincita. Qui si parla di Costituzione e i senatori sentono una grande responsabilità. Non ci possono essere vincoli politici o di maggioranza; e neppure di governo. Quindi Renzi lasci che il Parlamento migliori il bicameralismo e la legge elettorale e si concentri su Europa, lavoro e legalità. Su questi temi ha suscitato grandi aspettative» .
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