L'area Micorosa, all'interno della quale sono stati sversati i fanghi tossici del petrolchimico, si trova all'interno del Parco delle Saline di Punta della Contessa, così come confermato anche dal nuovo strumento di programmazione di cui si è dotata la Puglia
Una mega discarica scambiata probabilmente per una salina, tanto da essere ricompresa da dodici anni all’interno di un parco regionale. E’ l’assurdità dell’area di Micorosa, a Brindisi, stagno costiero nel quale sono stati sversati i fanghi del petrolchimico. Lì sono sepolti 1,5 milioni di metri cubi di cloruro di vinile,
benzene, arsenico e altri inquinanti, tombati fino a cinque metri di
profondità su 44 ettari di fronte al mare e con valori che superano di
quattro milioni i limiti di legge. E’ per questo che sulla zona vige un’ordinanza comunale che vieta l’accesso alle persone.
Micorosa, invece, è zona contaminata, tant’è che per la sua bonifica lo Stato metterà a disposizione 50 milioni di euro. Incerti, attualmente, gli ulteriori 20 milioni di euro a carico di Syndial spa e Versalis spa, società partecipate da Eni. Il Tar di Lecce, a febbraio, ha riconosciuto la loro responsabilità, annullando, però, l’ordinanza con cui la Provincia di Brindisi le aveva obbligate al risanamento: a disporla può essere soltanto il Ministero dell’Ambiente, essendo quella – tra l’altro – area ricadente nel Sito di interesse nazionale.
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