Translate

venerdì 29 agosto 2014

Ecco il brand della città del futuro Taranto riparte dal mito di Sparta

IL PROGETTO

Opere, scudi e parco a tema per attrarre i turisti
«Con le nostre idee la città riparte»

Il nuovo ingresso di Taranto, giorno e sera, progettato per Punta PennaIl nuovo ingresso di Taranto, giorno e sera, progettato per Punta Penna
TARANTO - Duri a morire, ma con il cervello in uso. Erano gli spartani, impareggiabili guerrieri, i figli dell’antica polis greca passata alla storia per il suo formidabile esercito. E sono così i tarantini, alcuni almeno, i figli dell’unica città spartana superstite al mondo che sta però passando alla storia per il suo formidabile inquinamento. Gli “alcuni” della situazione, i duri a morire che provano a usare il cervello, sono gli Artisti Uniti per Taranto. E il loro leader indiscusso, Marco De Bartolomeo, armato da un mastodontico lavoro di ricerca e spalleggiato acutamente da Saverio De Florio, ha intrapreso la battaglia: dare un brand diverso, positivo, migliore, alla terra ora universalmente individuata per mezzo dell’Ilva. Cambiarne, quindi, l’immagine. Il lifting s’intitola Indietro... nel futuro. Ma non sarà, comincia già a essere. Con tanto di marchio registrato presso la Camera di commercio, concesso gratis a enti pubblici o soggetti privati che intendano utilizzarlo, concepito per smarcarsi dal feroce dualismo tra siderurgia (leggi occupazione) e ambientalismo (leggi salute), pensato tra le pieghe di un marketing che amalgama profitto e rigenerazione urbana, turismo culturale e ricavi diffusi. La sintesi è nel logo: Taranto la città spartana. Apprezzabile, degno di una soluzione che appare utopistica ma in realtà s’incardina tra riscontri e sviluppi concreti.
Taranto, così la città del futuro
Al centro a cingere una A c’è il lambda, la lettera greca che aggrega l’iniziale dei Lacedemoni, i creatori di Sparta, con il simbolo dello scudo da proporre sia sulla ringhiera del lungomare della città vecchia che sui civici dei portoni. Un po’ come succede con il giglio a Firenze. «Sembrano interventi decorativi, fini a se stessi», dice Marco De Bartolomeo. «In verità è l’inizio di un percorso identitario che apre orizzonti ambiziosi». E che, a due anni esatti dall’esplosione del caso Ilva con la conseguente demolizione giudiziaria della famiglia Riva, matura da uno studio di grande profondità. Malgrado la campagna attrattiva della Regione con lo slogan Questa è Taranto, la città del MarTa e degli ori, dei turisti che dovrebbero tuffarsi in un mare caraibico o assaggiare le cozze più saporite d’Europa, resta la tredicesima in Puglia per numero di arrivi. Arruolandola su Google, deve il suo più elevato quantitativo di pagine all’Ilva che surclassa Museo archeologico e mitili quanto, in termini di paragone, ha fatto la Germania con il Brasile ai Mondiali di calcio. Incrociata con l’allegoria dell’acciaio e dei tumori, la mancanza di infrastrutture - l’aeroporto di Grottaglie al palo e l’esclusivo impiego commerciale dell’area portuale - completa un quadro desolante. «Con rilevazioni trimestrali sul web - racconta De Bartolomeo - abbiamo messo a confronto le principali voci associabili a Taranto: Ilva poco meno di 500 mila richiami, cozze e Ponte Girevole ben sotto i 100 mila, alla stregua del Museo. E gli spartani, i fondatori di Taranto che è la sola eredità vivente della loro leggendaria epopea? Trentacinque milioni di pagine. Sì, capito bene. Trentacinque milioni. Elaboriamo un sondaggio con 800 utenti pescati dall’Alaska alla Nuova Zelanda. Alla domanda “conoscete Sparta?”, il cento per cento degli intervistati risponde sì. Alla domanda “conoscete Taranto?” risponde sì il 2,5%. Non ci fermiamo. Cerchiamo il monumento più visitato al mondo, la cartolina più amata dal vivo e online. È la Tour Eiffel di Parigi. Motore di ricerca, risultato: quindici milioni di pagine. Meno della metà di Sparta e degli spartani. Sì, capito bene. Meno della metà di Sparta e degli spartani». Il mito, dunque, si perpetua nel tempo senza barriere linguistiche o geopolitiche. Un’impronta che è saga millenaria tra gli sportivi, dal nome di tante squadre di calcio (Sparta Rotterdam, Sparta Praga e via discorrendo) agli urli di guerra del pubblico in Michigan prima delle partite di football americano, dall’ispirazione agonistica che ne trae l’asso spagnolo del motociclismo Jorge Lorenzo al milione annuale di partecipanti alla Spartan Race (gara di discipline estreme). Una traccia che si allarga al cinema, con undici milioni di persone che su Facebook hanno annunciato nei mesi scorsi di aspettare il sequel del kolossal Trecento. Una suggestione globale, con birre e energy drink tra i suoi molti addentellati, sprovvista di un riferimento corporeo visto che la Sparta di oggi, 16 mila abitanti appena, è un paesello biologicamente modificato oltre che legato a fatica alla sua straordinaria civiltà. Ecco, allora, accendersi la lampadina. Far ripartire Taranto dalla sua narrazione. Arricchirla nel solco dell’ospitalità, che con i seguaci di Sparta potrebbe garantirle imponenti ritorni. Immergerla nelle sue origini affinché ne esca ripulita, favorendo persino la coesistenza tra operai e verdi. Una bonifica dalle radici. «Ormai tutti si voltano indietro quando c’è da guardare avanti», spiega De Bartolomeo riportandosi alla dicitura del progetto che sta illustrando a pezzi sparpagliati di città e che da settembre entrerà nelle scuole. «Nella capitale è in corso un processo analogo - ricorda De Florio - l’investimento più grosso concerne la riproduzione della città imperiale, 1,5 miliardi di euro per la nascita di Il progetto Il movimento Artisti Uniti per Taranto ha depositato il marchio Taranto la città spartana. Scopo del progetto è diversificare l’immagine di Taranto dallo stereotipo della città dell’acciaio. L’ideatore Marco De Bartolomeo, 39 anni, ottico ed ex titolare di uno studio di registrazione musicale, è il leader del movimento Artisti Uniti per Taranto. Nell’elaborazione del progetto si è avvalso della collaborazione di Saverio De Florio (52 anni). La ricerca Lo studio di De Bartolomeo ha verificato come gli spartani, fondatori di Taranto, siano uno tra i brand più amati al mondo con 35 milioni di pagine su Google. Il logo Il nuovo ingresso di Taranto, giorno e sera, progettato per Punta Penna Inquinamento Gli ambientalisti del Fondo antidiossina hanno pubblicato sul web un video con nuove emissioni choc Il sequestro Due anni dopo Roma Vetus e il tentativo di trovare un’altra chiave di tenuta, se non di slancio, del turismo ». «A Taranto - incalza De Bartolomeo - basterebbero cinque, massimo sette milioni per lo scatto del brand». Gli schemi sono pronti. Con profusione di slide che da settimane transitano sui pc di aziende, categorie e ordini professionali. Assieme ai due citati in precedenza (ringhiera del lungomare e civici con il simbolo di Sparta), spiccano cinque interventi di avviamento: 1) la statua di Falanto, il fondatore di Taranto, da innalzare al centro di piazza Garibaldi al posto dell’attuale gazebo in ferro; 2) la trasposizione di Taras in piazza Fontana con le colonne doriche di Vincere De Paola; 3) il palio di Taranto da disputarsi non con le barche dei pescatori ma con le galee spartane e i vogatori in costume d’epoca; 4) la costruzione di una nave spartana che effettui il giro turistico lungo i due mari; 5) lo scudo del raggio di 50 metri sul ponte Punta Penna con colori mutevoli di notte e un chilometro e mezzo di cascate d’acqua. «Vorremmo che gli ingressi di Taranto fossero consoni al suo passato e non tristi e degradati come ora. Vorremmo che la bellezza prendesse il sopravvento - dicono sempre De Bartolomeo&De Florio - e che a ogni entrata vi fosse la scritta Benvenuti a Taranto la città spartana». Vogliono e buttano giù prospetti, gli Artisti Uniti. Sorretti dalla wunsch freudiana, un cocktail di vocazione e ingegno, visualizzano obbiettivi avveniristici e finanziariamente impegnativi. Immaginano il parco tematico Spartanland, con botteghe di orafi e artigiani dappertutto. Disegnano la città dello sport, uno scudo naturalmente, cinque cerchi olimpici calati tra verde e acqua con la Spartan Arena, lo stadio a forma di galea, e il Filippeion, il museo degli atleti «dato che qui, in epoca greca, c’era una fucina di campioni e nondimeno sono conservati i resti dell’atleta di Taranto». Agognano un mese estivo di eventi spartani attraverso i quali calamitare accoliti da ogni angolo del pianeta, compresa una regata Taranto-Sparta di mille miglia e quindici giorni di navigazione. Sperano nel recupero dei tre sporgenti dinanzi al centro storico, «perché è l’opportunità più auspicabile per la fioritura di un vero porto turistico e la progressione di una piastra intermodale». Piacciano oppure no, convincano o destino perplessità, hanno un’idea nuova e seducente di Taranto. L’unica affiorata dalla bollitura di due anni di veleni.

Nessun commento: