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lunedì 24 febbraio 2014

Il discorso di Renzi al Senato (in breve) - Il Fatto Quotidiano

Strepitoso il coraggio nel ringraziare Letta, roba che in confronto Bruto era iscritto ad Amnesty International. Mimica arrogante e sborona, con tanto di mani in tasca e sorrisetto “io so’ figo” (‘nzomma), ma più arrivavano fischi dal M5S e più si innervosiva, fino al ricordare piccatamente che “Io ho vinto in Basilicata e voi no” (il passo successivo sarebbe stato: “Mia mamma mi ha fatto il panino con la mortadella ma lo mangio tutto io e a voi non ve lo do, tiè”). A guardarlo sembrava “uno di quei bambini a cui il maestro ha messo la lode e gongola davanti ai compagni” (cit. Michele Bello). Stampa e tivù lo hanno abituato a non ricevere critiche: in Parlamento sarà appena diverso. E anche gli applausi del Senato non mi sono parsi esattamente calorosissimi.
Tanti buoni – o accettabili – propositi, che però muoiono sul nascere perché Parlamento e maggioranza rimangono gli stessi di quelli di Letta, e parlare di “cambiamenti” e “sfida epocale” con accanto Alfano e Lupi fa ridere gli zebedei. Sarà un tirare a campare, altro che “una riforma al mese” – infatti l’Italicum adesso va approvato non più “entro febbraio” ma “entro sei mesi”. È stata la solita zuppa del Renzi: dire nulla ma dirlo bene, vendere fumo e neanche di gran qualità (ma saperlo vendere).  Un discorso da 5.5 o 6-. Molto abile a dare enfasi alle supercazzole, Matteo Renzi resta un furbacchione di medio talento che ne abbindolerà tanti: oltre l’ambizione non c’è di più, ma a molti italiani – per un po’ – basterà.Il discorso di Renzi al Senato (in breve) - Il Fatto Quotidiano

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