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sabato 9 ottobre 2010

Saviano infiamma Verona Ma i politici lo snobbano

LO SCRITTORE DI «GOMORRA» IN VENETO

«Castelvolturno? E’ vicino a Verona». Saviano parla di Africa e camorra in Gran Guardia. Assenti le istituzioni, vuote le sedie riservate al Comune

Roberto Saviano alla Gran Guardia di Verona (Sartori)Roberto Saviano alla Gran Guardia di Verona (Sartori)

VERONA — «Castelvolturno sembra lontano da Verona. Invece è vicinissimo». Non sono le distanze geografiche, quelle su cui giovedì sera Roberto Saviano ha fatto di calcolo. Ma quelle che erano palpabili in una Gran Guardia riempita dai cosiddetti «cittadini qualunque». E svuotata dalle istituzioni. Almeno due file, quelle con la scritta «riservato Comune di Verona» assolutamente e desolatamente vuote. E solo un assessore, Mario Rossi, seduto. Ma a titolo personale. «I miei colleghi? Avranno avuto di meglio da fare. Io ho pensato che il meglio da fare era venire qui». Si è comportata così la Verona «civile» con quello che a trombe e squilli ha voluto eleggere, senza che lui abbia mai detto nulla, suo «cittadino onorario». Ignorandolo bellamente. In ogni ordine e grado. La Verona delle istituzioni, quella che in Gran Guardia non c’era neanche dipinta, per la serata che Saviano ha dedicato ai comboniani. A quella Fondazione Nigrizia Onlus battezzata giovedì mattina e per la quale l’autore di Gomorra è venuto a raccogliere fondi. Quindici euro a testa, per sentirlo parlare della Soweto d’Italia.
Per quella Castelvolturno dove i missionari con casa madre a Verona dal 2004 portano avanti la «Casa del bambino», un asilo e doposcuola per bambini figli di immigrati. «La cultura comboniana mi appartiene - ha raccontato Saviano -. Mio nonno Carlo leggeva sempre Nigrizia e io ho imparato a conoscere figure come padre Zanotelli o padre Poletti fin da bambino». E’ stato proprio quel profugo del giornale comboniano, quel direttore epurato dopo un articolo scomodo sul traffico d’armi, quell’Alex Zanotelli che l’Africa l’ha ritrovata a Napoli, a introdurlo. Hanno applaudito Saviano per due minuti, tutti in piedi, i «cittadini qualunque» di Verona «Voi uomini del Nord», li ha definiti quel prete che ha ancora l’accento trentino di dove è nato. «Mi piace questo dei comboniani - ha detto Saviano -. Che diventano parte di dove vivono». E hanno molto da dividere e condividere, Saviano e i comboniani. Si sanno indignare. Ha raccontato di quella Castelvolturno che Africa lo è diventata non solo per l’arrivo in massa degli immigrati nigeriani.
Ma, ancora prima, per quella camorra che travestita sotto improbabili speculazioni immobiliari si mangiava il territorio e la dignità delle persone. «I comboniani, che sono dei missionari, hanno un presidio in Italia. E’ a Castevolturno, che è Africa. I nigeriani sono arrivati a controllare il traffico della prostituzione e della droga. I casalesi se ne sono accorti subito. Non li volevano. Hanno bruciato le case di chi gliele affittava, hanno fatto volantini di minaccia. "E’ iniziata la caccia all’africano". Gli africani andavano bene per raccogliere i pomodori, ma dovevano stare lontano dal centro del paese». Ecco dove Castelvolturno spesso è vicino a Verona. «I comboniani sono come sabbia in questo ingranaggio». Ha fatto degli accenni alla Lega, Roberto Saviano.
La fila vuota riservata al Comune (Sartori)
La fila vuota riservata al Comune (Sartori)
Non ha dimenticato alcuni commenti del Carroccio dopo la strage di Castelvolturno del 2008, quella in cui i casalesi ammazzarono un pregiudicato e sei africani. «La Lega non ha ancora capito che non si deve combattere ma si deve costruire con la parte sana degli stranieri». Ha lanciato una sorta di appello agli immigrati. «Vi prego, non lasciateci soli con i leghisti, ma non riferite quello che ho detto, altrimenti pensano che io ce l’abbia con loro». Mezzora prima aveva parlato della cittadinanza. «La cittadinanza - ha detto - è generata dall’impegno, dalla condivisione, dalla voglia di stare assieme ». Eppure ieri sera chi lo ha nominato cittadino onorario evidentemente di impegni ne aveva altri, da condividere con lui non aveva nulla e non aveva voglia di starci assieme. Mentre i «cittadini qualunque» alla fine lo hanno applaudito per cinque minuti.
Angiola Petronio
08 ottobre 2010

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