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mercoledì 24 febbraio 2010

Trezzano, corruzione bipartisan

Di Nando Dalla Chiesa

24 febbraio 2010

É un maledetto caso da manuale. Gli arresti che hanno colpito l’altro ieri Trezzano sul Naviglio, comune alle porte di Milano, sono una perfetta metafora di quel che sta accadendo nella capitale lombarda e soprattutto nel suo hinterland nella pratica indifferenza delle istituzioni politiche. Un nome, il solito, quello proibito da nominare, ma a cui tutto è permesso ogni giorno: ‘ndrangheta. E una malattia: una degenerazione della vita pubblica che non trova argini se non nella magistratura, nelle forze dell’ordine e in alcune minoranze civili e amministrative.

Vogliamo ripassare le notizie al setaccio, giusto per capire che cosa sta accadendo? Anzitutto è stato arrestato in novembre un imprenditore calabrese, Alfredo Iorio, che fa affari con le pubbliche amministrazioni nella provincia sud di Milano; accusato, con la sua immobiliare Kreiamo Spa e con il socio Andrea Madaffari, di essere il braccio finanziario dei clan Barbaro e Papalia, quelli che hanno fatto di Buccinasco la Platì del sud. É l’ennesima conferma, che mai giunge a chi governa: nell’hinterland sud si muove a proprio agio la finanza della ‘ndrangheta. Iorio parla (ed ecco smentito il luogo comune che i calabresi non parlino per una sorta di dna-oblige) e racconta. Lui, braccio finanziario ecc., ha pagato l’ex sindaco di Trezzano, Tiziano Butturini, del Pd. Non berlusconiano, non riciclo della vecchia Dc, ma proprio Pd con radici pidiessine.

Altra conferma, dunque: la ‘ndrangheta non ha colori, va dove c’è il potere, si insinua dove riesce a passare. E il via libera glielo dà la corruzione. Da Butturini bisognava andare, infatti, almeno con un "cinquemila", si dicevano i soci, mica si può "fare figure di merda". Nel Pd di Trezzano non se ne era accorto nessuno? E chi lo sa. Personalmente da qualche mese ricevo mail, richieste di incontro e di sostegno da consiglieri comunali dell’hinterland che dicono di non farcela più, di non trovare ascolto nel loro partito, che ovunque bisogna fare i conti con un assessore decisivo che alle elezioni fa scorpacciata di voti calabresi organizzati.

Non è solo la ‘ndrangheta che cerca la politica, insomma; è anche la politica che cerca la ‘ndrangheta. Fatto sta che quando Butturini finisce il suo mandato, il ricambio (quello che potrebbe rappresentare il punto di svolta, la famosa “discontinuità”) è un colpo di teatro: al proprio posto il sindaco mette la moglie Liana Scunda (non indagata). Davanti a tanto familismo nel Pd non scoppia la rivoluzione, dall’alto nessuno ha niente da dire. E nemmeno dal basso a quanto pare, se non altro sul piano estetico. Perché la moglie del sindaco viene liberamente votata come nuovo sindaco. Altra conferma: la ‘ndrangheta è pragmatica, i suoi interlocutori pure, ma i cittadini no, votano per appartenenza ideologica, come ciechi esecutori.

Non è finita però. Nella rete individuata dagli investigatori ci sono altri esponenti dell’amministrazione. Un tecnico comunale, naturalmente. Ma anche un ex assessore ai lavori pubblici, ora consigliere Pdl e membro della commissione Edilizia, Michele Iannuzzi. La corruzione riesce meglio se è bipartisan, era la prima regola del rito ambrosiano. I cittadini si dividano pure, e con toni furibondi, sul piano ideologico, ma tra noi ci intendiamo amichevolmente. Infine sullo sfondo compare da amico (solo amico, ma non è che sia nulla, nel contesto) un assessore regionale la cui faccia campeggia oggi sui manifesti elettorali di Milano, Stefano Maullu. Così come in un’altra inchiesta di riciclaggio era recentemente comparso sullo sfondo un altro assessore regionale, Massimo Ponzoni (anch’egli solo amico).

Amicizie pericolose. Però pericolose davvero. Anzi: troppo, per un territorio in cui, secondo la Procura nazionale antimafia, la ‘ndrangheta si sta conquistando il monopolio del ciclo del cemento. Di fronte a questa foto di gruppo, così simile ad altre che scorrono nell’ormai lungo album lombardo, sembra privo di ogni fantasia lanciare l’allarme sui lavori dell’Expo, chiedere garanzie formali sugli appalti. E viene piuttosto da pensare con una certa rabbia a quando – correvano gli ultimi anni Ottanta – il mensile "Società civile" denunciava la presenza delle organizzazioni mafiose a Buccinasco, Corsico, Rozzano, Trezzano sul Naviglio, Cesano Boscone. Per sentirsi rispondere che, volendo, c’erano gli estremi della querela per l’offesa arrecata al buon nome delle amministrazioni. Sembravano risposte perfino in buona fede.

Certo, oggi, c’è una domanda che va oltre l’episodio spettacolarmente simbolico di Trezzano: che cosa ha fatto la politica, centrosinistra compreso, negli ultimi vent’anni, nei singoli comuni e in generale, per liberare i territori lombardi dalla 'ndrangheta? Questa mi sembra una domanda assai più interessante di quella oggi di moda, se siamo tornati o no a Tangentopoli. Il guaio è che stiamo andando oltre.

Da il Fatto Quotidiano del 24 febbraio

1 commento:

Nella ha detto...

E' davvero sconfortante ed allammante come la corruzione in Italia abbia ormai superato i livelli di guardia e soprattutto lo è per il fatto che ad esserne penetrati sono anche partiti come il PD, che essendo all'opposizione dovrebbero controllare l'operato del governo ed opporsi a questo scempio.
Come uscire da questa drammatica situazione diventa ogni giorno più difficile, non possiamo delegare tutto alla Magistratura, che da sola non ce la farà mai a liberarci di tutto questo marciume.
Deve essere la parte sana del Paese a ribellarsi .... sperando di farcela ed avendo chiaro che sarà un lavoro lungo e difficile!!!