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venerdì 5 marzo 2010

La soluzione non dipende dal Quirinale

Gian Enrico Rusconi, La Stampa, 05-03-2010

È l’ora della politica, quella vera. Quella che decide nei casi d'emergenza. O è l'ora dell'ennesimo aggiustamento che non va alla radice del problema?

L'ipotesi di elezioni regionali profondamente alterate, per l'impossibilità di milioni di cittadini di esprimersi nelle loro scelte, non è il risultato di banali contrattempi ma di dilettantismo e di indecenza politica inaccettabili.

Che la colpa sia di rappresentanti di partiti che sono al governo, pone il governo stesso in una posizione estremamente imbarazzante. Se è suo dovere intervenire a sanare una situazione che oggettivamente danneggia l'intera comunità politica, non può far finta che il danno non sia stato procurato dai suoi sostenitori. Per non parlare del discredito in cui è precipitato, per le scomposte reazioni di qualche suo rappresentante che invocava una protesta «antiburocratica» di piazza.

La Magistratura ordinaria ha fatto il suo dovere, con scrupolo. Ma sotto la pressione del tempo, difficilmente la procedura dei ricorsi - sino al Consiglio di Stato - avrebbe consentito tempestivamente l'eventuale disinnesco della eccezionale situazione politica venutasi a creare. Forse neppure una Corte Costituzionale funzionante come quella tedesca, sarebbe stata in grado di intervenire - come è suo costume - in modo rapido, autorevole, decisivo.

Da noi, invece, impropriamente ci si rivolge alla Presidenza della Repubblica come se fosse un sostituto politico della Corte Costituzionale. Il discorso sull'aumento smisurato delle aspettative verso il Quirinale ci porterebbe troppo lontano. Ma prima o poi dovremo farlo.

Rimaniamo all'emergenza di oggi. Alla fine essa approda sul tavolo del governo, ma - non dimentichiamolo - nel nostro Paese secondo la nostra Costituzione l'istanza politica sovrana è il Parlamento. E' lì che ci aspettiamo la risposta politica vera a quanto è accaduto, non l'ennesima baruffa sull'ennesimo decreto.

In realtà in questa drammatica congiuntura paghiamo lo scotto dello scadimento di qualità della nostra classe politica (risparmiamoci il doveroso elenco delle eccezioni). Quando da tempo scriviamo che non abbiamo una classe politica dirigente degna di questo nome, non facciamo una esercitazione accademica. Domani o dopodomani ne avremo la prova.

Facciamo un sogno: che il governo chieda scusa pubblicamente ai cittadini; che l'opposizione risponda con un significativo silenzio; che la Camera tutta riconosca autocriticamente che la vita politica italiana da troppo tempo non è all'altezza delle aspettative dei cittadini; che tutte le parti politiche promettano di comportarsi lealmente e consensualmente. Purtroppo è solo un sogno.

In queste ore se a sinistra si nota una grande discrezione - non è chiaro se per senso di responsabilità o per incertezza su come comportarsi - nel centrodestra regna confusione completa. A parte il tirarsi fuori polemico e sarcastico degli uomini della Lega, il berlusconismo affronta il suo momento peggiore perché inatteso nella forma e nella sostanza. Ma indirettamente paga il suo vizio di fondo. Infatti il leader factotum che deve pensare a tutto ha bisogno di esecutori, tecnici, collaboratori, sostenitori - non di soggetti politici che interagiscono democraticamente con lui. Le istituzioni e le procedure poi appaiono fastidiose, fanno perdere tempo. Quando non sono considerate per principio strumenti ostili in mano agli avversari. Come tentano ancora di dire alcuni rappresentanti del centrodestra.

E' probabile che il leader factotum in questo momento, dopo aver incrociato le dita affinché passi indenne la bufera, stia pensando di ricorrere alla tecnica politica più diretta che gli è cara: trasformare la prossima consultazione regionale in un plebiscito personale. Ma per fare questo ha bisogno non già di una classe politica ma di una compagnia di sostegno, fatta da uomini e da donne che gli fanno da coro. E di un apparato mediatico che per un malinteso scrupolo professionale ha rinunciato al suo ruolo e ha paura della sua ombra. Siamo daccapo.

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