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lunedì 8 marzo 2010

Notturno di donna

Silvia Truzzi

8 marzo 2010
E' di nuovo 8 marzo, un giorno giallo di mimose, eventi “dedicati”, cene per sole donne magari con qualche strip maschile che onori il diritto all’uguaglianza dello squallore. Solito copione, 8 marzo di imbarazzo.
Non solo perché l’Italia è al 72esimo posto (in una graduatoria di 135 paesi) nel Gender Gap 2009 del World Economic Forum, un’analisi quantitativa della situazione relativa di maschi e femmine, attraverso 14 indicatori in quattro aree: economia e lavoro; istruzione; politica; salute e aspettativa di vita.
Non solo perché abbiamo un ministro per le Pari opportunità che ha fatto sì una legge per punire lo stalking, ma non si sente mai chiamata in causa quando le donne vengono trattate come valuta più o meno pregiata per scambi di varia natura.

Forse perché la prostituzione è stata legalizzata senza nemmeno bisogno di uno sforzo con decreto, introdotta per consuetudine o, se si preferisce, intercettazione. Di questo periodicamente ci ricordiamo l’8 marzo per mettere un santino trasparente su coscienze altrettanto svuotate, di qualunque sesso siano.
Che succede alle donne, un secolo dopo l’introduzione della giornata della memoria rosa? Perdita d’identità? Non sembra che le ragazze di oggi siano alle prese con un difetto di consapevolezza: semplicemente hanno rinunciato a essere parte dello sviluppo civile. I numeri della rappresentanza politica femminile raccontano una resa.
Ognuno fa per sé, foglie di fico e santini a parte. Ma anche da un punto di vista individuale le cose non vanno meglio. È sempre più complicato misurarsi con un’identità - quella maschile - evanescente, impaurita e quasi paralizzata dal confronto.

Che fare però è un problema loro. Dall’altra parte, notoriamente più incline alla praticità, il nodo esistenziale è prevalentemente una reperibilità h24. Volevamo studiare e lavorare e lo facciamo, si dirà. Ma nelle rivendicazioni “di genere” - leggi, cortei e biancheria intima al rogo - non era affatto implicita la rinuncia ad altre parti.
Così siamo madri, mogli e lavoratrici con l’ansia di fare tutto male, alla rincorsa spasmodica di minuti che non bastano, perse in una contabilità emotiva che non torna quasi mai. Tra sensi di colpa cronici e frustrazioni assortite, il desiderio di leggere o andare dal parrucchiere per non restare stritolate nella porta girevole dei ruoli è quasi eversivo. Più che la mimosa sarebbero utili ore di tregua.
Soprattutto da destinare al sonno, ultimo baluardo della rivendicazione femminista e probabilmente la trasgressione più sognata dalle ragazze di oggi. Notti soporifere, altro che guepiere e docce gelate. Fateci dormire un po’: e non solo perché fa bene alla pelle.

da il Fatto Quotidiano del 7 marzo

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